Bambini con i capelli bianchi

Ultime foglie gialle, attaccate a rami autunnali, sbattute, dolorose. Foglie che vorrebbero scendere su altre già cadute a terra, dove una vigorosa ramazza le raccoglie per portarle lontano in un luogo sconosciuto anelante di pace.
Gli amici «over ottanta» hanno la particolarità di essere tornati bambini, come tali si atteggiano. Li osservo con discrezione, vedo i loro occhi cercare ma lo sguardo va oltre, fissano un punto lontano, forse inesistente.
Mariuccia, cara Mariuccia, piccola, pallida, continua a dire «mamma, mammina, mamma» e così avanti finché una voce stanca, svogliata le dice «mangia».
Maria, sulla sedia a rotelle, ogni volta che la incontri fa un bel sorriso e chiede «Ha visto mia figlia? Ha visto mio figlio?».
Amelia, silenziosa, finge di guardare la Tv, poi si siede a tavola e, aspettando il proprio turno, fa il segno della croce ogni due secondi.
Rita, è composta a tavola e sottovoce parla ad un amico immaginario «ci sei? è meglio andare? sì sì è meglio che andiamo» intanto è legata alla sua sedia, non mangia nulla e nessuno se ne accorge.
Giuseppina, ha i capelli neri e bianchi, protesta rumorosamente quando ha fame, l’operatore le porta la pasta, le mette la forchetta in mano e si allontana, lei prova ad infilzare un rigatone ma non riesce, a quel punto con le dita un po’ rigide afferra la pasta mano-bocca, mano-bocca, finalmente appagata.
Ida, sulla sedia a rotelle con annesso catetere e pannolone, la portano al suo tavolo alle nove e la riportano a letto alle ventidue, non si lamenta mai, anzi la sua voce è forte e chiara, molto paziente e rassegnata.
Maria D., tiene la valigia pronta vicino al suo letto e ogni giorno dice: «Domani viene mio figlio a prendermi e mi porta a casa». I giorni passano e Maria è sempre lì che aspetta.
La sensazione per tutti è di rassegnazione, rabbia, paura, ma anche il viso più apatico si illumina quando vede arrivare un amico, un visitatore, un parente. Il vecchio-bambino protende le braccia, come volesse essere preso, dopo tutto anche lui ha il pannolone, solo che il suo non è un culetto roseo ma la pelle è molle e raggrinzita.
La casa di riposo è grande, luminosa, tutta nuova, letti, salottini, giardino ed ha anche una chiesetta. Quello che manca, qui come altrove, è la speranza, una carezza, un bacio.


Le foglie imperterrite continuano a sbattere.
Queste persone hanno avuto un’esistenza normale, come tanti, quindi è inutile far finta di niente o non volerne parlare. Sono queste le strade della vita, che nessuno vorrebbe percorrere, ma che nessuno può evitare.

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