La banalità del tradire

Confesso di avere una passionaccia per il Giuliano Ferrara ritenuto meno raccomandabile: quello che insulta chi lo merita, quello che diede un pugno in faccia a un assessore comunista, il Ferrara che fece esordio su Raitre e che insomma faceva il contrario di quel che gli hanno sempre raccomandato tanti amici molto seri: ossia di rimanere calmo, impassibile e appunto serio. Ciò detto, non vorrei che Ferrara stesse esagerando: sul Foglio, ieri, ha scritto che avrebbe invitato a pranzo Follini e che dovrebbe farlo anche Berlusconi, perché «nella politica deve tornare il fair play» e non «un sobbollire di emozioni forti e sporche», giacché «nessuno è un traditore» e «da Churchill a Bobo Craxi, il passaggio dall'altra parte è un'eventualità come un'altra».
Ecco, Giuliano: no. Un limite a tutto c'è. Churchill non so, ma Bobo Craxi un traditore lo è: di suo padre. Follini lo è dei suoi elettori.

Tu adori pranzare col diavolo, e va bene, ma non averne voglia non può essere un disvalore. Il mondo non è stato cambiato a pranzo, a discapito di chi aveva emozioni forti e sporche. Chi aveva emozioni forti e sporche, ciò che è del mondo, riuscendo a sedersi a pranzo è talvolta riuscito a cambiarlo.

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