Una banca del Dna anche in Italia contro i terroristi

Una banca dati del Dna per rendere più efficiente l’attività investigativa in Italia, come già avviene in altri Paesi europei. È la proposta contenuta in un disegno di legge di Alleanza nazionale illustrato a Palazzo Madama dal primo firmatario, il senatore Giuseppe Valditara e dal segretario generale del Sindacato autonomo di polizia, Filippo Saltamartini. Il provvedimento prevede l’istituzione di una banca dati nazionale dell’impronta genetica presso il casellario centrale d’identità del ministero dell’Interno e disciplina le operazioni peritali che si possono eseguire con la raccolta di materiale biologico. Secondo il ddl, chi si rifiuta di fornire la propria identità o dichiara false generalità o chi è condannato per un reato per il quale è prevista una reclusione superiore a tre anni, dovrà lasciare un campione del proprio Dna attraverso prelievi ematici, di capelli, saliva o altri liquidi organici. Vengono dettate norme organiche sui prelievi coattivi dando seguito così ai rilievi formulati dalla Corte Costituzionale e permettendo di utilizzare in ambito giudiziario le più moderne metodologie scientifiche. «I progressi raggiunti nell’analisi del Dna - ha spiegato Valditara - hanno modificato radicalmente l’investigazione scientifica: sono un metodo potente ed efficace per identificare l’autore di un reato o dimostrarne l’innocenza. Nel Regno Unito, i delitti risolti sono passati dal 23 al 43 per cento. Questo disegno di legge, che tiene conto delle indicazioni europee, ci permette di fare un salto di qualità nell’attività investigativa nel rispetto della privacy e della dignità delle persone».

«Con la banca dati del Dna - ha aggiunto Saltamartini - si riuscirà a riportare finalmente al centro del sistema investigativo non più i pentiti o le intercettazioni telefoniche, ma la nostra polizia scientifica e si consentirà alle forze dell’ordine di collaborare alla pari con gli altri Paesi nella lotta al terrorismo».

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