Economia

La banca «rock» del futuro

di Marcello Zacché

Una perdita di 10 miliardi 10 in un trimestre non si era mai vista e si rifletterà in un numero negativo choc anche per l’intero 2011 di Unicredit. Inutile girarci intorno: è questa la notizia di ieri, testimoniata anche dal -6% dei titoli sul mercato. Certo, il «rosso» è tutto dovuto alle svalutazioni. E su 9,8 miliardi, 8,6 sono legate al «goodwill», cioè a quella fetta di valore intangibile nascosto nelle pieghe delle acquisizioni effettuate nel tempo che, con il mondo che è cambiato, non può più essere sostenuto. Ma a un bel dire l’ad Federico Ghizzoni quando ripete che le svalutazioni sull’avviamento «non hanno impatto sui calcoli degli analisti»: un po’ ce l’hanno, se è vero che costringono la banca a non pagare il dividendo nello stesso anno, il 2012, nel quale verranno chiesti ai soci 7,5 miliardi di nuovi denari. Sull’unghia. Ma detto questo, Ghizzoni da ieri ha probabilmente svoltato.
La sua è stata una pulizia obbligatoria, di quelle che nel breve «choccano», ma già nel medio piacciono al mercato. E forse è stata anche più violenta del necessario. Quello che però conta è aver messo una pietra sopra agli eccessi del passato, dall’Est Europa a Capitalia. Si pensi che il solo goodwill delle banche in Ucraina e Kazakistan, costate ben 3 miliardi, è ora azzerato. Inevitabile che il pensiero corra alla gestione Profumo. E comprensibile che Ghizzoni, al banco di prova della sua riconferma al vertice della banca. in calendario a primavera, abbia giocato la carta delle grandi pulizie di macerie non sue per rilanciare Unicredit verso nuove avventure.
L’idea di questa tripla operazione (svalutazioni-aumento-piano industriale) è quella che, dopo la sua completa realizzazione, Unicredit sarà una banca profondamente diversa, una «rock solid bank», solida come una roccia. Magari nuovamente attraente per quegli investitori che, post aumento di capitale, vorranno provare emozioni del tutto nuove. In questa direzione l’operazione ha un gran senso ed è un progetto di lungo periodo. Al fianco dello zoccolo duro di azionisti storici provati da una quindicina di miliardi di aumenti in 3 anni, se ne potranno aggiungere altri solo sulla base di una strategia di business più consona alle mutate condizioni del mercato.

Dalle quali non si tornerà più indietro.

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