Milano fa scuola e anticipa la soluzione alle altre amministrazioni «invischiate» nel pasticcio derivati. Merito dellaccordo che cancella in parte il contenzioso tra Depfa Bank, Ubs, Jpmorgan e Deutsche bank e il Comune per il «caso» derivati, bond da 1,68 miliardi di euro sottoscritto nel 2005 con scadenza trentennale. La transazione, ops, guai a chiamarla così, «laccordo» (quasi ratificato) vale 450 milioni di euro, in cambio Palazzo Marino si impegna a ritirare la causa civile contro gli istituti di credito (il risarcimento era stimato intorno ai 100 milioni di euro) e la posizione di parte civile nel processo penale collegato. Il penale: sotto processo le banche in questione e 11 loro dirigenti con lipotesi di truffa ai danni del Comune (con il concorso dellallora direttore generale di Palazzo Marino, Giorgio Porta, e del consulente Mario Mauri).
In aggiunta 40 milioni di euro, il contributo integrativo delle banche, vanno in spesa corrente quindi nel bilancio 2012 e 80 milioni (del fondo a protezione dei derivati) in conto capitale. I 450 milioni, frutto della rinegoziazione del tasso di interesse da variabile a fisso con un tasso del 4,26% per i prossimi 23 anni, e pari al buco di bilancio attuale, verranno reinvestiti per i due terzi in Btp con scadenza al 2033-2034 e per un terzo in depositi bancari a Euribor a 3 mesi, che frutteranno in interessi «altre centinaia di milioni di euro», ha spiegato il direttore generale Davide Corritore, fino a raggiungere nel 2035 la somma complessiva di oltre 750 milioni di euro. «Abbiamo voluto mettere in sicurezza il debito di Palazzo Marino - spiega Corritore, regista delloperazione - dal rischio di rialzo dei tassi, assicurandoci alle stesso tempo entrate fisse». A garanzia e vincolo delle operazioni residue (un prestito da 1,7 miliardi di euro) il consiglio comunale lunedì sarà chiamato a decidere sulle cifre da investire in bond e btp. «Noi partecipiamo al Salva Italia - dichiara trionfante il dg - perché chiudiamo i rischi e partecipiamo allacquisto di titoli di Stato». Laccordo non sfiora nemmeno il tema delleventuale responsabilità delle banche: «Questa operazione non è un riconoscimento di responsabilità da parte delle banche».
E non cè da stupirsene: in sottofondo analoghe inchieste giudiziarie in 7 Regioni, 2 Province e 38 Comuni per un valore complessivo di 9,5 miliardi di euro, pari al 27% del debito degli enti locali negoziato in «derivati», pratica ormai vietata da metà 2008. Sulla testa delle banche la spada di Damocle di uneventuale sentenza di interdizione dal contrattare con la pubblica amministrazione.
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