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Banche, enti, fiera e associazioni: così Cofferati ha fatto piazza pulita

Gli uomini del Cinese si sono insediati anche nei posti che in epoca berlingueriana venivano lasciati tradizionalmente alla minoranza bianca o laica come Casse di risparmio e Camera di commercio

Pierangelo Maurizio

da Bologna

Se nella storia italiana è esistito un partito-azienda, questo è stato il Pci. A proposito di «questione morale», nel 1978 quando Berlinguer accusava gli altri di «aver occupato lo Stato», nell’Emilia-Romagna il partito aveva un funzionario ogni 620 iscritti e in media cinque sezioni in ogni comune. E poteva permettersi un patrimonio sterminato: delle 12.544 sezioni sparse in Italia, il 65 per cento era di proprietà (96 per cento in Toscana). Adesso? Tutto cambiato, il partito si è fatto light. Ora toccherà vedere se per riperpetuare all’infinito la propria egemonia deve estendere il controllo «selezionato» su tutti, ma proprio tutti, gli snodi del potere.
Era stato Giuseppe Dozza, il mitico sindaco comunista del dopoguerra, a stabilire il principio che - in omaggio al «patto con i ceti medi» - sarebbero rimaste fuori dall’influenza del partito l’Associazione commercianti, la Camera di commercio, le Casse di risparmio (più i consorzi di bonifica). Le presidenze di questi enti andavano a un democristiano o, tutt’al più, a un laico. Principio rimasto in vigore fino agli Anni '90. Tutto saltato. Dopo un anno di amministrazione Cofferati a Bologna l’opposizione sostiene che la sinistra ha occupato anche queste «riserve indiane».
T’incammini sotto i portici di via Indipendenza, la strada vetrina che parte da piazza Maggiore, e ti ritrovi nel Paese dei Bancomat: in 150-200 metri nove sportelli. Ma Bologna non ha più una sua banca. Il Credito Emiliano è finito a Unicredit, la Carisbo al San Paolo. In compenso la sinistra non si è fatta sfuggire le poltrone. Morto all’improvviso quel galantuomo di democristiano vecchio stampo che era Emilio Rubbi, il suo posto alla presidenza della Carisbo è stato preso da Filippo Cavazzuti, nome noto e dalle sicure doti, ma che è anche stato presidente della Consob, senatore del Pci, dei Ds e sottosegretario (Tesoro) nel governo Prodi. Alla guida della Fondazione della Cassa di risparmio di Bologna è invece arrivato Fabio Alberto Roversi Monaco, l’ex rettore dell’università.
Un entusiasta Roversi Monaco: il giorno dopo la vittoria di Cofferati nel 2004 ha detto: «Guazzaloca ha governato bene, con Cofferati faremo ancora meglio». (Di recente l’ex rettore è entrato anche nel Cda della Fiera bolognese e in quello di Hera, il colosso dell’energia, l’ex municipalizzata). È appena il caso di ricordare che banche e fondazioni ogni anno dispensano milioni di euro per le sponsorizzazioni al Comune e alle associazioni collaterali ai Ds.
La presidenza dell’Ascom, la potente e temuta associazione dei commercianti da cui nel '98 si materializzò l’incubo Guazzaloca, è saldamente in mano a Bruno Filetti, personaggio autonomo ma che gode di ampia stima a sinistra. Commerciante di granaglie, da un quarto di secolo nell’associazione di categoria, è stato nominato anche nel consiglio d’amministrazione dell’Accademia d’arte drammatica, e il suo nome è in predicato per il Teatro comunale (istituzione cui il sindaco Cofferati tiene tantissimo). Sono soddisfazioni. A fine giugno è entrato anche nel cda della Fiera Spa (dove Comune e Provincia la fanno da padroni). Presidente della Camera di commercio, rieletto nel 2003, è Gian Carlo Sangalli, il segretario generale della Cna, il sindacato degli artigiani da sempre ritenuto vicino al Pci-Pds-Ds. Il sindaco Cofferati - è stata una delle sue prime iniziative - lo ha voluto anche come «presidente provvisorio» dell’Aeroporto (di cui il Comune è azionista). Riassumendo, Sangalli è: presidente della Camera di commercio, dell’aeroporto, dell’Istituto Tagliacarte e segretario generale della Cna. All’Api, l’associazione delle piccole e medie imprese, sono preoccupati per il fenomeno: «È la normalizzazione dopo la parentesi Guazzaloca. Mai vista una concentrazione di potere così - dicono - negli anni passati».
I politologi, gli storici dovranno dire se dopo lo choc Guazzaloca ci si stia mettendo del metodo per evitare che da strati, ceti sociali che per attitudine potrebbero anche non votare a sinistra, vengano altre sorprese. Oggi un altro Giorgio Guazzaloca, l’ex leader dei commercianti che guida la rivolta e per la prima volta in 60 anni strappa la città agli eredi Pci, non potrebbe ripetersi. No, è impensabile.
A proposito di «poteri forti», la situazione dovrebbe dare qualche motivo di preoccupazione a Massimo D’Alema. Sergio Cofferati nel suo primo anno sembra aver spostato l’asse privilegiato dei rapporti dal partito alla Lega. Delle coop, ovvio. Dicono che l’ex leader della Cgil abbia una buona intesa con Giovanni Consorte, il capo indiscusso dell’Unipol. Consorte e gli altri big delle Cooperative hanno partecipato a una colletta per la campagna elettorale del sindaco. Niente di particolare, una cena elettorale come tante. Ottimi anche i rapporti con la Coop Costruzioni (più 260 per cento di utile per il 2004), una tra le prime aziende del settore. A metà giugno, davanti ai 480 soci e dipendenti riuniti per festeggiare, tra applausi e lambrusco il presidente Adriano Turrini ha idealmente abbracciato sindaco e Comune che «hanno deciso di realizzare 5mila alloggi a basso costo in cinque anni». «Roba che a Bologna quando il mercato assorbe 700 nuove case all’anno» osserva Carlo Monaco, della lista civica «La tua Bologna» ed ex assessore della giunta Guazzaloca, «c’è da leccarsi le dita».
E il rapporto con il partito-partito? È più opaco. Dall’inizio Cofferati ha posto il suo aut aut: «Mi avete voluto qua, adesso decido io». Carta bianca. In cambio anche l’apparato ha avuto le sue soddisfazioni. Per fare qualche esempio, l’ex sindaco di Loiano, hinterland bolognese, Diana Colazzo, ds, ha avuto la presidenza dell’Opera Pia Guastavillani. Ai Poveri vergognosi, altra opera pia di notevole interesse (55mila metri quadrati di patrimonio immobiliare), c’è Paolo Ceccardi, già sindaco ds di Baricella. Alla cabina di comando del Cab, Centro agroalimentare di Bologna, siede Claudio Felicani, ex primo cittadino democratico di sinistra in Sant’Agata bolognese.
5. Continua
pierangelo.

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