Banche tradizionali più solide di fronte alle crisi finanziarie

Le banche commerciali, che operano prevalentemente nell’intermedizione creditizia tradizionale, sono molto meno esposte al rischio di crisi finanziarie. Infatti, gli istituti meno coinvolti dalla recente crisi sono stati quelli più concentrati, con maggiore redditività derivante dall’attività di raccolta del risparmio e di finanziamento dell’economia e con articolate regole di vigilanza. Date anche le caratteristiche della crisi, il livello del capitale non è risultato determinante.
È quanto emerge dall’edizione speciale di «Temi di Economia e Finanza» dell’Abi che ha individuato le variabili che hanno influenzato la probabilità di essere classificato come un settore bancario in crisi dal Fondo monetario internazionale. Dal lavoro dell’associazione guidata da Giuseppe Mussari sono emersi risultati confortanti per la tipologia di banca maggiormente diffusa in Italia. A cominciare dal fatto che settori bancari con una maggiore redditività dell’attività di intermediazione creditizia hanno avuto una minore probabilità di essere in crisi nel 2008. Così come i settori bancari che presentano più puntuali e articolate forme di vigilanza nelle diverse attività che gli istituti possono svolgere.

Inoltre, l’indicatore che approssima il Pillar 3 di Basilea (cioè l’informativa ai mercati) è correlato negativamente con la probabilità di crisi; mentre l’indicatore che approssima il Pillar 1 (cioè i requisiti patrimoniali) non è mai statisticamente significativo nel ridurre la probabilità di crisi.

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