Le banche fanno quadrato di fronte alla prospettiva di una tassa sugli extra profitti ipotizzata dal governo. Ieri, sul palco del Festival dell’Economia di Trento, il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, ha tuonato: «Se lo Stato non poteva aiutare le banche quando erano in difficoltà, non possono approfittare di un momento di ripresa». E poi: «Gli extraprofitti non esistono in dottrina come non esistono le extraperdite, veniamo da un decennio di estrema difficoltà delle banche che si sono trovate da sole ad affrontare i loro problemi». Il tema, che sta tenendo banco da diverse settimane, è legato al rialzo dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea. A seguito di quest’ultimi, infatti, i mutui si sono rapidamente adeguati e ora toccano in media il 4% annuo. Allo stesso modo ne ha beneficiato il margine d’interesse degli istituti, che hanno così ottenuto in totale circa 15 miliardi di utili nel 2022 e hanno iniziato il 2023 in grande spolvero. Il governo, tuttavia, contesta che non siano stati adeguati altrettanto velocemente ai tassi gli interessi attivi sui conti correnti, inchiodati a un 0,29% medio. E con l’ipotesi tassa sugli extraprofitti vuole riequilibrare la situazione. La stessa presidente della Bce, Christine Lagarde, ha dichiarato di recente al Tg1 che «i depositi e i risparmi dei cittadini dovrebbero essere remunerati di più».
Ma se la Bce fa sponda alle critiche del governo, il Fondo monetario internazionale invece si schiera dalla parte degli istituti bancari affermando che una nuova tassa sugli extra profitti delle banche potrebbe avere «conseguenze indesiderate». Secondo l’Fmi «un’imposta aggiuntiva sui profitti bancari tenderebbe a ridurre i tassi di interesse sui depositi, ad aumentare il costo dei prestiti e a ridurre la quantità di intermediazione finanziaria in un momento in cui il volume dei prestiti è già in calo. La progettazione di una tale imposta, anche se temporanea», affermano i tecnici di Washington al termine della missione ex Articolo 4 condotta nel nostro Paese, «dovrebbe considerare l’impatto sulla disponibilità di credito e sul suo costo». Inoltre, andrebbe considerato «che le banche in genere non hanno trasferito il tasso di politica monetaria precedentemente negativo sui depositi».
«Le banche pagano già un’addizionale», ha proseguito Patuelli, secondo il quale l’eventuale tassa sui profitti delle banche potrebbe ostacolare il percorso di risanamento intrapreso dal Monte dei Paschi di Siena. «Gli acquirenti potenziali devono avere la certezza del diritto anche in prospettiva», come anche in generale «investitori e risparmiatori». Ed in particolare sull’uscita dello Stato da Mps, avverte: «Gli acquirenti potenziali meritano di avere una certezza del diritto: non si può dire: adesso te lo vendo poi cambio le regole del gioco».
E ieri, sempre a Trento, il presidente del Consiglio di vigilanza della Bce, Andrea Enria, ha affermato che le banche europee godono di ottima saluto ma devono comunque «tenere alta l’attenzione» per fronteggiare eventuali turbolenze dei mercati con rischi di speculazioni. Le banche americane andate in crisi avevano un «modello di business molto particolare», molto diverso da quelle europee.
Ogni volta che c’è una crisi, prosegue Enria, si trova un «buco nelle regole e bisogna fare una riforma. Credo invece che in questo momento non ci sia bisogno di grandi riforme», ma solo assicurare buona «governance e controllo del rischio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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