Tempi duri per chi investe qualche risparmio. Mentre esultiamo per lo spread sotto i 70 punti e per il ritorno in basso dei tassi d’interesse, nello stesso tempo realizziamo che le conseguenze richiedono nuove strategie di investimento. Sui mercati obbligazionari le cedole si riducono e lo stesso fanno gli spazi di rivalutazione del capitale. Si arriva da 2-3 anni che garantivano cedole annuali del 4% anche su brevi scadenze, mentre il calo atteso dei tassi Bce faceva alzare le quotazioni del reddito fisso. Adesso, invece, un Bot rende sì e no l’1,7% e un Btp promette ben poca crescita in conto capitale. Se poi guardiamo all’equity, cioè ai mercati azionari, troviamo indici vicini ai massimi, saliti con la discesa dei tassi, e quindi ancora più rischiosi del solito. Soprattutto con la volatilità in agguato, legata ai mostruosi investimenti effettuati nell’intelligenza artificiale. Insomma: come muoversi in questi scenari, senza rinunciare alla diversificazione del rischio?
Alcune grandi società di gestione ci stanno pensando. E la nuova frontiera è il private equity retail. Cosa vuol dire? Significa proporre al pubblico fondi che investono su società non quotate, con forti potenziali di crescita, finora destinati esclusivamente a grandi investitori o gestori di enormi patrimoni. Tanto per essere chiari, un fondo di private equity è normalmente strutturato con soglie minime di entrata nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro. Ebbene ora questa soglia si abbassa fino a 10mila euro.
A proporre questo tipo di prodotto sono (e saranno) nei prossimi mesi alcune tra le più importanti società di gestione del risparmio, utilizzando la nuova tipologia di fondi battezzata Eltif 2.0. Come funzionano?
Regola numero uno: non sono prodotti liquidi. Vale a dire che il capitale investito non può essere liquidato per almeno un periodo iniziale nell’ordine dei 3 anni (la durata esatta dipenderà dal singolo prodotto). Dopo questo primo step, la quota diventa vendibile, ma l’orizzonte temporale consigliato per farla crescere di valore è tra i 5 e gli 8 anni.
Regola numero due: è molto rischioso. Gli alti rendimenti ottenibili secondo le statistiche del passato, intorno al 20% annuo, netto di spese ma lordo di tasse, sono legati a casi di successo: il fondo compra una società e la rivende, ma se questa per esempio fallisce, si accumula una perdita. Eltif 2.0 è comunque un fondo diversificato, che acquista a sua volta quote di società molto diverse tra loro.
Regola numero tre: questo fondo è rivolto a investitori abbastanza esperti, che in ogni caso si orientino a investire nell’Eltif tra il 10 e il 15% del proprio portafoglio totale, e comunque all’interno della quota di patrimonio destinata all’equity. In altri termini il panorama dei fondi sta per arricchirsi - dopo il lancio dei Pir di qusi un decennio fa - di una nuova opportunità. Che vale la pena di seguire con attenzione.