A proposito delle dichiarazioni a verbale contenute nel decreto della Procura milanese che indaga sul caso Mps-Mediobanca, leggiamo su Repubblica di ieri un titolo a tutta pagina così concepito: «Orcel: Premio del 10% per Mps, ma il Tesoro voleva molto di più». Catenaccio sotto il titolo: «Nei verbali l'ad di Unicredit ricorda quando già nel 2023 il Mef rifiutò la sua offerta. A Delfin e Caltagirone è bastato un bonus del 6,96%». Che cosa capisce il lettore? Che il Mef ha rifiutato l'offerta più alta della banca guidata da Orcel, preferendo quelle più basse proposte da Caltagirone e Delfin. Dunque, insinua il quotidiano, la pastetta è conclamata. Ma quale pastetta, un'autentica minchiata, direbbero i concittadini di Leonardo Sciascia. Una gran balla, perchè Repubblica non spiega - nemmeno nel testo dell'articolo - a che si deve la differenza. Si deve semplicemente al fatto che i due collocamenti avvengono a distanza di un anno l'uno dall'altro e dunque con due quotazioni del titolo Mps profondamente diverse. Infatti, il 20 novembre 2023 il titolo in Borsa chiude a 3,07 euro, quindi il 10% in più avrebbe significato 3,3 euro. Nel caso del collocamento del 13 novembre 2024, Mps chiude a 5,51 euro e il collocamento avviene a 5,792 euro. Anche uno studente di terza media può comprendere che a Delfin e Caltagirone l'acquisto è costato di gran lunga di più - con assai maggiore benficio per il Mef - di quanto avrebbe sborsato Unicredit. Orcel, nella sua dichiarazione, lamenta poi il fatto che la trattativa con il Mef non andò a buon fine perchè quest'ultimo chiedeva un bonus più alto del 10%.
Non spiega però i termini della trattativa, e soprattutto qual era la sua pretesa. Sicchè delle due l'una: o l'articolista di Repubblica ha scritto una corbelleria senza rendersene conto, oppure il decreto della Procura contiene verità che non sono verità.