Unicredit ha depositato ieri il ricorso al Consiglio di Stato, per riuscire a cancellare quanti più punti possibili del Dpcm che ha fatto deragliare la scalata a Banco Bpm. Una scelta che riaccende volutamente lo scontro con il governo, il quale certamente non ha gradito l'iniziativa dell'istituto guidato da Andrea Orcel (in foto). E che, sulla carta, non sembra avere grandi possibilità di successo, in particolare per quanto riguarda la prescrizione riguardante l'addio alla Russia. Paese sotto sanzioni internazionali che difficilmente i giudici (come peraltro sancito dallo stesso Tar nella sentenza dello scorso luglio) potranno negare possa costituire un rischio per la sicurezza dell'Italia.
Secondo quanto raccolto, la decisione è stata presa con voto unanime da parte dal consiglio d'amministrazione che si è svolto poche ore prima del deposito del ricorso. Unicredit non commenta. Durante il board però sarebbero emerse perplessità circa l'iniziativa e l'opportunità di intraprendere uno scontro aperto con il governo, in particolare proprio in quei membri che hanno maturato più esperienza sui meccanismi dello Stato e sul destino infausto che spesso incontrano certe battaglie.
Sta di fatto che la volontà di Orcel ha prevalso, nella strategia che vuole creare una base legale per eventuali sortite future, nonostante la sentenza richiederà tempi lunghi. Dalle parti di Piazza Gae Aulenti non sarebbe andata giù la rinuncia all'operazione Bpm e lo stigma di banca internazionale (e non italiana) che attenta alla sicurezza nazionale. Si vorrebbe inoltre mostrare agli azionisti più in linea con le posizioni di Orcel di aver sfruttato la possibilità (anche solo teorica) di poter ribaltare una sentenza del Tar che non ha dato ragione a Unicredit su tutte le questioni più importanti: l'addio alla Russia e il mantenimento dell'esposizione a titoli italiani nel portafoglio della società dei fondi Anima. Oltre a un desiderio di rivalsa, c'è la speranza che un assist possa arrivare a giorni anche dalla Dg Competion europea che potrebbe sanzionare l'Italia per l'uso del golden power sull'operazione Unicredit-Bpm. Un'eventualità che non spaventa né il Mef né Palazzo Chigi, convinti delle proprie posizioni e di portare se necessario la questione davanti alla Corte di giustizia Ue.
Intanto, in vista dell'Eurogruppo di domani, l'Ue ha fatto trapelare una dichiarazione polemica: «A livello teorico c'è un ampio riconoscimento del fatto che le fusioni transfrontaliere siano una cosa positiva e auspicabile nel settore
bancario. Nella pratica, però, questioni politiche sembrano interferire» ha detto riguardo ai casi di Unicredit su Bpm e Commerz, oltre a Bbva su Sabadell. Una cosa contraria «all'obiettivo di un settore bancario Ue unificato».