Un banchetto molto speciale

Ancora in piedi il muro di Berlino, era Bertold Brecht a essere considerato il più influente drammaturgo della scena tedesca. Dal temperamento anarchico e dalla visione completamente opposta, Friedrich Dürrenmatt e la sua opera emersero invece prepotentemente dopo la caduta del Muro, e a ragione. E ancora oggi hanno molto da insegnare. Protagonista del rinnovamento del teatro di lingua tedesca, Dürrenmatt aveva l’abitudine a trattare in chiave grottesca i problemi della società contemporanea, smascherando le meschinità nascoste dietro la facciata perbenista e borghese della società svizzera. Così come in Die Panne, ovvero la notte più bella della mia vita, adattamento firmato da Edoardo Erba de La Panne che, con tutti gli elementi grotteschi tipici delle opere di Dürrenmatt, arriva sul palco del teatro Eliseo, in scena dal 26 gennaio al 14 febbraio.
Con Gian Marco Tognazzi (che ha fortemente creduto nello spettacolo, al cui progetto lavora da quattro anni) e Bruno Armando, per la regia di Armando Pugliese, lo spettacolo pesca elementi da tutte e tre le versioni che il drammaturgo svizzero realizzò del suo soggetto - la novella, il radiodramma e il dramma teatrale - mescolandoli sapientemente in un allestimento che bandisce gli effetti sonori e i cambi di scena, puntando esclusivamente sul recitato e sul potenziale espressivo degli attori. Primo fra tutti Tognazzi, che si è detto molto legato al teatro Eliseo, sul cui palco peraltro sale per la prima volta, «perché è stato proprio qui che ho visto mio padre in scena per l’ultima volta, recitava L’Avaro» spiega l’attore.
Strano a dirsi, ma l’influenza di Tognazzi padre sembra allungarsi anche sulla regia di Pugliese che dell’opera di Dürenmatt ha voluto valorizzare proprio l’aspetto enogastronomico: il menu della cena che fa da sfondo all’incontro tra i protagonisti della pièce, nella versione originale rappresentava un elemento debole del testo, mentre in questa rilettura diventa protagonista, con tutta l’importanza delle costosissime e raffinate portate e delle etichette di vini preziosi. «Mio padre - osserva Gian Marco - avrebbe trascorso i suoi pomeriggi a preparare tutte queste portate, per portarle in scena con sé ogni sera». Un menu, quindi, originale, che il regista ha realizzato con la collaborazione di Luciano Ravasio, esperto di cucina internazionale.
Ma cosa succede, dunque, sul palco, tra la leggerezza del prosecco iniziale e l’intensità finale dell’Armagnac, tra divertenti brindisi e commenti entusiasti? Con l’automobile in panne, Alfredo Traps è costretto a cercare ospitalità in casa di un vecchio giudice che, con i suoi due amici (un pubblico ministero e un avvocato in pensione), nel corso di cene luculliane, si diverte a ricelebrare importanti processi storici, come quello di Socrate o di Gesù.

Tra una portata e una bottiglia di vino, Traps si ritrova coinvolto nel gioco, imputato in un vero e proprio processo durante il quale ammetterà di aver compiuto anche lui un delitto. Il finale è, naturalmente, a sorpresa, anche perché l’adattamento di Erba va a ripescare direttamente dalla novella, uno dei più bei racconti del Novecento.

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