Sarà stato il capannone industriale del Portello. O quella cravatta color grigio-vinaccia, un po cupa, del governatore Mario Draghi. O la colazione, a seguire, sobria, veloce, senza tanti sorrisi. Intervallata solo dal fitto chiacchiericcio tra Laura Ravetto, affascinante parlamentare di Forza Italia e il presidente tedesco dellUnicredit, Dieter Rampl. Insomma, il tradizionale appuntamento del Forex, dove tutti i banchieri che contano in Italia si riuniscono per fare il punto della situazione, questanno ha avuto unaria dimessa.
A far gli onori di casa, Alessandro Profumo. Reduce da una settimana da brivido. Anzi da un anno da brivido. LUnicredit era considerato un gioiellino della finanza tricolore: prima la Polonia con Bank Pekao, poi la Germania con Hvb e infine Roma con la Capitalia di Cesare Geronzi, sono state le tappe principali di una crescita che sembrava inarrestabile. Si trova invece oggi con il titolo che langue sotto quota 1 euro, la banca che in Borsa vale poco più di 12 miliardi e che nella sola settimana che si è chiusa ha lasciato sul terreno un terzo del suo valore. Insomma, un padrone di casa che con un occhio guardava agli appunti da leggere a una platea bastonata dai mercati e con laltro guardava allapertura delle Borse di domani mattina. Non meglio la condizione borsistica e di mercato del suo concorrente principale, Intesa Sanpaolo. Venerdì, per uno scherzo dei computer che a fine giornata accumulano ordini di vendita, la banca aveva fatto segnare un rotondo meno 15 per cento: 4 miliardi di euro volatilizzati con pochi clic sui computer di mezzo mondo. Roba da non credere. Solo fino a qualche mese fa. Oggi evidentemente è tutto possibile.
Tanto che Gianni Bazoli, proprio ieri al Forex, non ha usato mezzi termini: «È totalmente infondata - ha detto il banchiere bresciano - la voce di un aumento di capitale». Lequivoco in Borsa, secondo il banchiere, «si è creato sul 30% richiesto come minimo per un intervento di privati nella sottoscrizione» dei Tremonti-bond. «Da un lato si è ritenuto che questo comportasse necessariamente un aumento di capitale da parte dei privati e dallaltra che si parlasse di interventi sulla proprietà. Poi è stato chiarito che si trattava sempre degli stessi strumenti messi a punto dal governo per rafforzare i coefficienti patrimoniali degli istituti». Tutto vero, ma in altri tempi sarebbe apparsa una excusatio non petita. Oggi è diventata una necessità. E proprio sui Tremonti-bond, Bazoli, ha poi voluto precisare. «Appena avremo il testo faremo uno studio in tempi rapidissimi». Ma «non voglio anticipare nulla: siamo sicuramente interessati a studiarli». Secondo il presidente di Intesa questi sono strumenti necessari a «restituire la fiducia nel mercato, ma non lunico». E ancora a puntualizzare. Questanno sarà difficile, ma «siamo sereni» per tre motivi: la questione «dei titoli tossici non ci riguarda»; «la proprietà della banca è delle fondazioni bancarie che sono investitori di medio-lungo termine» e Intesa Sanpaolo avrà ancora una significativa «economicità di gestione», malgrado «limportante incremento delle sofferenze» atteso. In ogni caso lo spettro della nazionalizzazione «non riguarda» le banche italiane, ha confermato Bazoli seguito poi da Profumo.
Un Forex dai toni diversi dal solito. Con il governatore Draghi che ha dedicato gran parte della sua relazione a questioni macroeconomiche, quasi ci si trovasse di fronte alla platea dei partecipanti alle Considerazioni finali di fine maggio. E i grandi banchieri che al contrario hanno dovuto smettere i panni dei macroeconomisti per lanciare qualche segnale importante nelle fauci di un mercato affamato che tra poche ore riapre.
Profumo è stato più vago sulla questione dei bond targati Tremonti, ma ha parlato di numeri che lo riguardano.
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