Banco, lunedì parte l’aumento Biasi: un mese per poter aderire

Il Banco Popolare lancia l’aumento di capitale da 2 miliardi e fissa in 1,77 euro il prezzo di sottoscrizione delle azioni di nuova emissione. Questi i termini approvati dal consiglio di gestione dopo il via libera della Consob alla pubblicazione del prospetto informativo. Il periodo di sottoscrizione partirà lunedì 17 gennaio per concludersi venerdì 11 febbraio. Agli azionisti e ai portatori di bond convertibili saranno offerti 7 nuovi titoli ogni 5 posseduti. Il prezzo di emissioni comporta uno sconto del 29% sul Terp (prezzo teorico post aumento). Le azioni del banco popolare hanno chiuso le contrattazioni di ieri a Piazza Affari a 3,5025 euro. Complessivamente saranno emesse 1.122.980.404 nuove azioni. Il consorzio di garanzia della ricapitalizzazione è guidato da Mediobanca e Merrill Lynch.
A questo punto bisognerà vedere se entro l’11 febbraio si sarà fatta chiarezza sull’ingresso nel capitale della Fondazione Cariverona, guidata da Paolo Biasi, che però vorrebbe superare il tetto statutario dello 0,5% e in questo caso potrebbe scendere in Unicredit, di cui è il primo socio italiano, o addirittura abbandonarla. Un’ipotesi che ha tra i principali sostenitori la Lega, con il sindaco di Verona Flavio Tosi, ma che richiede l’autorizzazione del ministero dell’Economia, e su cui è già in corso uno scambio di comunicazioni tra Verona e via XX Settembre.
Intanto, slitta la presentazione dell’emendamento al decreto Milleproroghe per alzare, attraverso una riforma del testo unico bancario, al 5% il limite al possesso azionario nelle Banche Popolari, attesa nella giornata di ieri: ma avverrà «certamente entro la settimana», assicura il deputato veronese del Pd, Gianni Dal Moro, estensore della norma. «Registro - ha aggiunto il deputato - che sul tema ci sono consensi e dissensi trasversali e non mi meraviglia perchè quando si affrontano temi così delicati come quello delle banche e delle fondazioni si vanno a toccare interessi diffusi». E ai contrari alla proposta - come l’Italia dei valori, che l’ha già ribattezzata “norma ad bancam“ - Dal Moro chiede di spiegare «perchè va bene che un fondo arabo detenga il 5% di Unicredit e perchè una fondazione italiana non possa avere il 5% di una banca popolare».


Tra i favorevoli, si schiera invece il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari: «Non mi viene in mente su due piedi una ragione per esprimere perplessità», ha detto. Mentre il presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti tiene a ribadire che le Fondazioni «non fanno i banchieri e non vogliono pasticciare nelle banche».

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