Al Banco di Napoli il posto va di padre in figlio. «È la tradizione»

La spintarella, la raccomandazione, l’aiutino. In quanti in Italia, soprattutto tra i giovani, sono disposti a scendere a compromessi con l’ideale meritocratico pur di ottenere un posto di lavoro. Certo, il lato negativo poi c’è. Una volta assunti, si può essere bersaglio dei malumori dei colleghi, che magari quello stesso posto invece se lo sono sudato. Tranne che al Banco di Napoli. Qui, le assunzioni fatte dagli «amici di papà» non sono uno scandalo. Sono una tradizione.
L’altroieri trenta giovani neoassunti hanno varcato per la prima volta il portone del Banco di Napoli. Un «colpaccio», di questi tempi, trovare un posto sicuro nel più grande datore di lavoro di tutto il Mezzogiorno: 800 filiali, 7mila dipendenti e quasi due milioni di clienti i numeri del colosso del credito. Peccato che ciascuno, di questi trenta novelli bancari, abbia per padre un novello ex bancario del San Paolo: l’«infornata» ha riguardato infatti solo figli di altrettanti dipendenti che hanno appena scelto di andare in pensione prima dei 65 anni.
Un’assunzione di massa da tenere nascosta, occultata, ennesimo esempio del familismo perverso che blocca lo sviluppo del Sud? Macché. Al Banco di Napoli sono talmente fieri di aver dato un’occasione a trenta giovani napoletani da aver mandato direttamente il direttore generale del Banco (nonché neopresidente commissione dell’Abi Campania), il 51enne Giuseppe Castagna, ad accoglierli nel loro primo giorno di sportello. Castagna del resto, intervistato da Repubblica Napoli, ha difeso il sistema «il posto di padre in figlio» a spada tratta: «C’è un’antica tradizione, l’attaccamento ai colori del Banco di Napoli».

E lo stesso Castagna ha sottolineato poi che i trenta beneficiari delle assunzioni «a tempo indeterminato con contratto di apprendistato» sono stati selezionati. Tutto chiaro allora: il fatto che siano tutti figli di dipendenti del Banco appena andati in pensione è una coincidenza.

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