Banco: «Sempre in pista ma lontano dai media»

La storica band festeggia i suoi 35 anni di attività. Lunedì un dvd dal vivo. A maggio il tour

Banco: «Sempre in pista ma lontano dai media»

da Milano

«Il nostro non è un ritorno perché non ci siamo mai sciolti, siamo stati accuratamente lontano dai media e da una tv che non ci rappresenta. E quando sei fuori da quel giro sei un desaparecido. Meglio dire che ripartiamo da 35». Il Banco del Mutuo Soccorso - gloria nazionale e non solo del rock progressivo - compie 35 anni e li festeggia col colorismo tipico della sua musica: una serie di conferenze con etologi come Danilo Mainardi nell’anniversario della nascita di Charles Darwin (Darwin è il titolo del loro capolavoro più celebrato), il cd e dvd Banco Live 1980 in uscita lunedì, un nuovo progetto a marzo (un’elaborazione dell’album Seguendo le tracce), un tour italiano che partirà a maggio per estendersi poi a Giappone, Stati Uniti e Sudamerica. Senza contare il libro E mi viene da pensare, con tutti i testi della band recentemente pubblicati dal fan club ufficiale. Francesco Di Giacomo, Vittorio Nocenzi e Rodolfo Maltese hanno aperto ieri il nuovo ciclo con un antipasto alla Feltrinelli di Milano. «Ogni tanto ci facciamo prendere dalla pigrizia - raccontano - ma la voglia di fare i ragazzi del ’15 - ’18 è sempre in agguato». Per la serie il rock progressivo non muore mai. «A noi non piace questa etichetta, ma il genere ha fatto storia ed è imitatissimo. La forza del progressive è stata quella di scavalcare gli steccati, di creare un territorio ricco di suggestioni dove la sinfonica incontra il rock, il jazz, il folk, l’hard rock, l’improvvisazione. In questo è stato dirompente. Nell’anno in cui è nata la disco music noi abbiamo pubblicato Di terra, l’album anticommerciale per eccellenza che metteva insieme archi ed elettronica».
Da rockstar a band di culto: cosa è cambiato? «Beh, negli anni Settanta eravamo al centro di un movimento in piena esplosione e siamo stati un modello. Ricordiamo la dichiarazione di Peter Gabriel che diceva: “Aspetto con ansia il nuovo disco del Banco”. Ma per noi non è mai cambiato nulla. Continuiamo a parlare dei valori che stiamo perdendo e suonare cercando di non fare il verso a noi stessi». Darwin fu un disco pionieristico per suoni ed argomento. «All’epoca nessuno parlava di quelle cose. Ci venne in mente di partire dall’evoluzione per capire il presente. Con 100 mani 100 occhi o 750.000 anni fa l’amore parlavamo del passaggio dalla società alla tribù, dell’incomunicabilità. Abbiamo scommesso su un punto interrogativo e Darwin è diventato un punto importante nel nostro sviluppo». Ma è ancora attuale oggi Darwin? «Si perché la musica è fantasia. Oggi con un tema si fanno quattro canzoni, noi mettiamo quattro temi in un solo pezzo. Vent’anni fa l’abbiamo ripubblicato e quel miscuglio di lampi giovanili e intuizioni profonde è addirittura migliorato sopravvivendo alla retorica e alla nostalgia». Ora ci aspetta una primavera-estate all’insegna del Banco.

«Compatibilmente coi nostri progetti singoli (il chitarrista Maltese ad esempio guida il gruppo etnico Indaco e suona acustico con i Tete de Bois) a maggio parte il tour italiano e poi quello mondiale. Grazie a Internet i festival progressive proliferano e sono la miglior alternativa alla musica omologata. Stiamo anche componendo brani per un nuovo cd».

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