Paolo Stefanato
da Milano
Se la sentenza-provocazione di un giudice di pace di Lecce dovesse essere confermata in Cassazione - che esamina i ricorsi ai giudizi emessi «secondo equità» - la Banca dItalia, già tuttaltro che serena, potrebbe trovarsi a dover gestire una nuova bella grana. Su iniziativa dellAdusbef, associazione di difesa dei risparmiatori, il giudice ha stabilito - rompendo con le interpretazioni correnti - che il nostro istituto di emissione incamera illegalmente i cosiddetti «diritti di signoraggio», e cioè quel reddito connesso allesercizio delle funzioni di politica monetaria che dovrebbe affluire allo Stato in quanto titolare ultimo della sovranità monetaria. Ha anche quantificato la cifra: 5,023 miliardi, che diviso per la popolazione italiana (57,88 milioni) dà come risultato 87 euro a cittadino. Diciamocelo francamente: non ci arriverà a casa un assegno né vedremo confluire nel risanamento dei conti pubblici questa posta straordinaria che vale quanto una manovrina. Perché secondo le norme, consolidate dalla giurisprudenza, il diritto di signoraggio è stato trasferito dallo Stato alla Banca dItalia, cui appartiene. La pronuncia serve soprattutto a sollevare il caso, e cè già un drappello di deputati pronti a tradurre in proposta lidea del segretario dellAdusbef, Elio Lannutti, che vorrebbe indirizzare questo denaro verso le vittime degli scandali finanziari. La sentenza è la prima favorevole alla tesi, non nuova, della «restituzione». Anni fa, come talvolta accade su questioni di principio, un anziano professore di diritto se ne fece unossessione e inondò i tribunali di denunce su questo tema: era quel Giacinto Auriti, di Teramo, che fu anche autore di un singolare progetto di «moneta alternativa». Le sue istanze furono respinte ovunque.
Il significato della sentenza di Lecce oggi è un altro. Quello di attirare vieppiù lattenzione sulla natura ibrida della Banca dItalia, nella quale convivono finalità pubblicistiche ed elementi privatistici. Le prime includono ovviamente lesercizio delle competenze di indirizzo e controllo in materia monetaria e creditizia, mentre i secondi risultano da alcune sue caratteristiche strutturali. La Banca dItalia presenta infatti alcuni elementi tipici della società per azioni; si tratta di un ente associativo il cui capitale è diviso in quote nominative, detenute dai «partecipanti», banche, assicurazioni, soggetti pubblici (uno solo: lInps). LItalia è lunico Paese in cui lo Stato non è presente nel capitale, e se anche ha una partecipazione agli utili, questi ultimi vengono suddivisi anzitutto nella ristretta cerchia dei «partecipanti». Proprio qui risiede il nocciolo della tesi che a Lecce ha vinto: la proprietà della moneta, la politica monetaria e i suoi proventi vanno considerati di competenza esclusiva dello Stato, e per riflesso della collettività nazionale. E il danno negli anni 1996-2003 è calcolato, appunto, i 5 miliardi di euro.
Sciogliamo infine una curiosità rimasta sospesa: il termine «signoraggio» ha origini medievali; era il diritto che il sovrano tratteneva quale compenso per la sua funzione di «garanzia» che la sua effigie imprimeva al corso e al valore della moneta.
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