Gian Battista Bozzo
da Roma
Ormai è partita a tre per la Banca dItalia, dopo la rinuncia di Mario Monti. Lex commissario europeo ha infatti scritto a Silvio Berlusconi per escludersi dalla corsa al governatorato: una lettera in cui Monti plaude alla riforma di Bankitalia varata la settimana passata dal governo, «in particolare grazie alla determinazione del vicepresidente Tremonti».
Lex commissario Ue afferma inoltre che la riforma costituisce un passo avanti molto significativo verso un assetto di Bankitalia «corretto sul piano istituzionale e coerente con i principi di una moderna economia di mercato». In particolare, Monti accoglie con favore il maggior ruolo attribuito allautorità Antitrust nella vigilanza sulla concorrenza in campo bancario. Tuttavia, nel ringraziare il premier per aver parlato di lui come possibile nuovo governatore, Monti chiede al capo del governo di «non prendere in cosiderazione il mio nome per un incarico che esula dai miei programmi». Berlusconi ha poi ringraziato Monti «per la bella lettera», gli ha augurato ogni successo nella sua attività, ma adesso si ritrova con un petalo importante in meno nella rosa dei candidati per via Nazionale.
Altri due candidati eccellenti - Tommaso Padoa Schioppa e Domenico Siniscalco - sarebbero stati esclusi da Giulio Tremonti: il primo troppo vicino alla sinistra, ma forse anche troppo dogmatico; il secondo inadatto per carattere, secondo il ministro dellEconomia, a gestire con mano ferma la transizione a palazzo Koch. Quanto a Lorenzo Bini Smaghi, troppo recente la sua nomina a componente del board della Banca centrale europea per pensare a un ritorno a Roma.
A questo punto, salvo sorprese sempre possibili, la scelta appare limitata a tre nomi: Mario Draghi, Vittorio Grilli e Vincenzo Desario. Largomento è stato discusso nel corso dellincontro a casa Bossi, alla vigilia di Natale, fra Berlusconi, Tremonti e lo «stato maggiore» della Lega. Bossi avrebbe espresso la propria preferenza per Grilli, che è stato ragioniere dello Stato e quindi direttore generale del Tesoro nel quinquennio di governo del centrodestra. «A me piacerebbe il più giovane - ha poi detto, riferendosi proprio a Grilli - ma non ha possibilità. E - aggiunge - dobbiamo sentire altri, fra cui il presidente della Repubblica».
Vincenzo Desario, il direttore generale che sta reggendo in questi giorni la banca centrale dopo le dimissioni di Antonio Fazio, potrebbe emergere come candidato di compromesso, per un governatorato «cuscinetto» fra la vecchia e la nuova Banca dItalia. Scossa dalla lunga vicenda Fazio, la struttura della banca centrale gradirebbe un interno per affrontare la transizione. Difficile dire se sarà accontentata anche perché, se Desario (72 anni) lasciasse, i posti da assegnare sarebbero due: non è dunque escluso a priori un ticket (governatore e direttore generale) tutto nuovo.
Resta il terzo nome, il più forte a tuttoggi: quello di Mario Draghi. Oggi ai vertici della banca daffari Goldman Sachs, Draghi risponde ai requisiti indicati dal governo per il nuovo governatore: è stato messo in cattedra da Federico Caffè; conosce bene la banca centrale (sua padre era un alto funzionario di via Nazionale) e, allo stesso tempo, è stato per lungo tempo direttore generale del Tesoro; gli anni londinesi, ma anche la frequentazione delle principali istituzioni finanziarie nel periodo al Tesoro, garantiscono il suo standing internazionale. Su Draghi punta poi, con decisione, il presidente della Camera Pierferdinando Casini.
Basteranno questo curriculum, e questo appoggio, per superare le resistenze che tuttora circolano sulla candidatura dellex direttore generale del Tesoro? Le trattative riprendono immediatamente dopo la pausa natalizia. Della successione a Fazio si discuterà nel prossimo Consiglio dei ministri, fissato per giovedì 29. Che poi sia questa la riunione decisiva, è da vedersi.
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