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"Ma Barack non è come mio nonno Roosevelt"

Intervista a David, nipote del presidente del "new deal": "In questo momento il senatore dell’Illinois ha il vento a favore. Ma sappiamo poco dei suoi programmi. E la sua esperienza è limitata"

"Ma Barack non è come mio nonno Roosevelt"

Washington - Come suo nonno sogna un’America migliore. E l’opinione di un Roosevelt conta ancora moltissimo. David è il nipote di Franklin Delano, il presidente del New Deal, forse il più amato di sempre. Ha scelto di non fare politica attiva, ma non ha rinunciato a un forte impegno civico, di recente anche nelle vesti di testimonial dell’Onu per il sessantesimo anniversario della Dichiarazione dei diritti umani, che proprio sua nonna, la grande first lady Eleanor, volle fortissimamente. David B. Roosevelt ha concesso questa intervista al Giornale.

Che cosa si aspetta da queste elezioni presidenziali?
«Che l’America sappia ritrovare quell’autorevolezza morale, che negli ultimi anni ha perduto. Dopo i casi di Abu Ghraib, Guantanamo e le ammissioni sulle torture le nostre lezioni agli altri in tema di diritti umani suonano ipocrite. Il processo sarà lento, ma ho l’impressione che ci siano le premesse per un cambiamento di rotta rispetto agli inaccettabili sbandamenti dell’amministrazione Bush».

In particolare quali aspetti la confortano?
«Il fatto che i tre candidati rimasti in lizza per le nomination abbiano solidi standard morali. Io sono un democratico e seguo con particolare attenzione Hillary Clinton e Barack Obama, ma John McCain è una persona perbene, che si è sempre opposto alla tortura e ha dimostrato indipendenza di giudizio. Non condivido molti punti del suo programma, ma è bene che tra i repubblicani prevalga un politico come lui».

Sia Obama sia Hillary rivendicano l’eredità di suo nonno. Chi ha ragione?
«Temo nessuno dei due ed è un bene che sia così. Mia nonna Eleanor amava ripetere: sii orgoglioso delle tue origini, ma vivi la tua vita. Oggi è assurdo pensare all’eredità di Franklin Delano Roosevelt perché il Paese è profondamente cambiato; quel che mi auguro è che emerga un presidente autorevole capace di iniziare un’era memorabile come quella di mio nonno».

Come giudica Obama?
«È carismatico ed è il primo candidato di colore che ha i numeri per diventare presidente. È forte, attraente, sa parlare bene. Questo è il suo momento, piace moltissimo alla gente; ma durerà? Non lo so. Sappiamo poco sui suoi programmi e potrebbe non avere il respiro e l’esperienza necessari per essere un buon presidente»

E Hillary?
«La conosco da trent’anni e provo molto rispetto per lei. Ha grande esperienza, ma ci sono aspetti negativi: comunica con maggior difficoltà e ha meno ascendente sul pubblico rispetto a Obama. E poi gli americani la conoscono da tempo e hanno giudizi consolidati sul suo conto: c’è chi la ama, chi è indifferente, chi la odia».

Che cosa non le piace di questa campagna?
«Mancano i contenuti. C’è un po’ di dibattuto sull’Irak, ma per il resto i propositi sono vaghi.

Qual è la visione dei candidati sui grandi temi internazionali? Che cosa faranno per promuovere i diritti umani? Al di là degli slogan, quale politica economica promuoveranno? Il Paese deve sapere queste cose».

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