Politica

Barista ucciso, ultrà a caccia di albanesi

Per cercare di tenere a freno la rabbia intervengono poliziotti e carabinieri: fermati tre teppisti

Andrea Acquarone

da Varese

La volpe ha la faccia e i vestiti dell’albanese. Ed è caccia sulla collina di Besano, provincia di Varese. Poco importa chi sia la preda, basta che assomigli alla volpe. Nessuno vuole un trofeo, qui e adesso c’è solo voglia di vendetta. In nome di una giustizia fai da te, ma anche e soprattutto figlia di un «diritto» che in Italia troppo spesso rende inermi gli onesti.
Sarà forcaiola, ma è la rabbia, un’ira repressa e frustrata dai tanti codici e codicilli capaci di punire più le vittime che i carnefici, a muovere la ribellione del paesello capeggiata da un gruppo di balordi. La politica, le schermaglie verbali tra istituzioni, i j’accuse, stavolta hanno gettato benzina sul fuoco. E quella che avrebbe dovuto essere una pacifica manifestazione di solidarietà alla famiglia di un ragazzo morto innocente, si trasforma in un tentativo di linciaggio.
Aveva tanti amici Claudio Meggiorin, il barista freddato con tre coltellate al cuore da un clandestino appena sbarcato dalla Terra delle aquile. Frequentava anche gli skinhead, quelli che incontrava quando andava a San Siro, Claudio. Gli piaceva il calcio, seguiva sia l’Inter sia il Milan, il Varese per questioni di residenza. Ieri un gruppo di ultrà ha voluto «salutarlo» a modo proprio. Con la violenza, la stessa che il ministro Pisano tenta di combattere ogni domenica negli stadi del Belpaese. Ecco dunque, abbandonato il corteo principale, un manipolo di balordi dirigersi verso la stazione ferroviaria, abituale luogo di ritrovo degli immigrati. Niente sciarpe e bandiere, il nemico lo si riconosce dai tratti. In quattordici si sono avventati contro la prima preda incontrata, un giovane albanese che camminava ignaro davanti a una libreria e che, nonostante l'intervento di polizia e carabinieri, è stato accerchiato e bersagliato di calci e pugni. L’arrivo di una Volante, nella quale lo straniero si è rifugiato, ha evitato che andasse peggio. Se l’è cavata con un occhio nero e qualche costola dolente. Un altro ragazzo, che cercava di sedare la rissa, è finito al pronto soccorso. Anche lui per fortuna, ferito in modo leggero. Tre teppisti sono stati invece fermati.
«Mettiamoci qui e aspettiamolì», il grido trionfale degli ultrà. Qualcun altro, si preoccupava, di frantumare a sprangate la vetrina di una pizzeria gestita da un albanese. Tutto ciò mentre un altro centinaio di persone, a una decina di chilometri di distanza, dopo essere partite dal Tribunale di Varese, incrociando la manifestazione della Lega Nord (presente il ministro del Welfare Roberto Maroni), si dirigeva verso il carcere dei Miogni.
Qui si sono parati loro di fronte militari e agenti in tenuta antisommossa. Venti minuti di slogan e tensione xenofoba: «Albanesi pezzi di merda»; «albanesi tutti appesi». In una di quelle celle, probabilmente senza riuscire a capire l’italiano, ascoltava Vladimir Mnela, l’assassino del barista italiano.

Maroni poco lontano inveiva: «Adesso basta, è il momento della severità e della tolleranza zero».

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