Maria Malibran, donna incandescente. Vita privata chiacchierata, fatta di matrimoni scombinati e di relazioni sconvenienti: specie se vissute due secoli fa (nasceva nel marzo 1808). Una superwoman che controllava i propri affari e, guidava il cocchio. Femminista ante litteram, la Malibran è stata la cantante di punta dOttocento, forse la prima diva nella storia del teatro capace di accendere entusiasmi oggi riservati a pop star. Maria Malibran è il mezzosoprano francoispano che ora rivive attraverso la collega Cecilia Bartoli. Lunedì al teatro del Giglio di Lucca, il mezzosoprano Bartoli ha presentato un album per la Decca con arie legate alla Malibran, un tour europeo in trenta tappe con un camion-museo al seguito.
Signora Bartoli, come nasce il progetto?
«Al mio debutto, ricevetti come portafortuna un ritratto della Malibran. Da quel momento ho iniziato a collezionare oggetti della cantante autografi compresi».
Quindi il disco attinge agli scritti originali?
«Sì. Ho voluto ricostruire il suono dallora, quello della voce e dellorchestra».
Fra le arie cè una Casta Diva di Bellini veramente algida...
«Non ho fatto altro che seguire lautografo di Bellini mettendo in campo i colori richiesti dallautore. In partitura vi sono solo piani e pianissimi».
La seguirà un camion-museo itinerante. Cosa si espone?
«Oggetti della cantante o comunque legati a lei. Una collezione avviata anni e anni fa».
Primo concerto in Italia a porte chiuse. Poi allestero...
«Solito problema legato allesubero di politici e ai costi che comportano. Situazione che ha come conseguenza i tagli alla cultura. La situazione è drammatica, mi spiace vedere il mio Paese in queste condizioni».
La fitta collaborazione con Barenboim fa sperare a un suo ritorno alla Scala...
«I primi passi mozartiani li ho mossi con lui, non nego che sarei attratta dallidea di una trilogia mozartiana».
Allestero è una diva...
«Si, mi chedono autografi ovunque. In Italia, in compenso, posso bermi un cappuccino in tutta tranquillità».
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