La pubblicazione del libro di Andy Webb, “Dianarama. The Betrayal of Princess Diana” (20 novembre 2025), ha riaperto la dolorosa questione relativa all’intervista di Lady Diana alla Bbc, mandata in onda il 20 novembre 1995. L’autore ha aggiunto nuovi retroscena a quegli scandalosi 54 minuti che cambiarono la vita della principessa. Di riflesso, però, è riemerso anche un altro tema su cui gli esperti reali dibattono da decenni: la presunta paranoia di Diana, talvolta erroneamente associata a un principio di disagio psicologico persino più forte. La sensazione costante di essere seguita, braccata, controllata sarebbe esplosa nella mente di Lady D proprio con l’intervista. Uno dei pochi a mostrarsi scettico su questa versione dei fatti è il principe Harry, il quale si è dichiarato convinto che i sospetti di sua madre fossero fondati.
La paranoia di Diana
“Ritengo che il modo ingannevole attraverso il quale fu ottenuta l’intervista influenzò drasticamente ciò che mia madre disse…Sapere che gli errori della Bbc hanno contribuito in maniera significativa alle sue paure, alla paranoia e all’isolamento che ricordo di quegli ultimi giorni con lei, è causa di indescrivibile tristezza…”, disse il principe William, citato dal New Yorker e da Gb News, parlando di Lady Diana nel maggio 2021. Lord Dyson, ex giudice della Corte suprema del Regno Unito, aveva appena concluso l’inchiesta sui misteri della celebre intervista al programma Panorama della Bbc, nel 1995, svelando l’indegna macchinazione di cui Lady D fu vittima. Nelle sue conclusioni, riportate dal Guardian, Dyson aveva sottolineato l’abilità di Martin Bashir di far leva sulle fragilità e le “paure paranoiche” della principessa.
Fu, però, l’erede al trono a esprimere con determinazione, persino con una sottile rabbia nascosta e senza giri di parole quel che la maggior parte delle persone comuni e degli esperti reali pensavano della principessa. In particolare usò due termini chiave: “paranoia” e “isolamento”, che si sarebbero acuiti nella quotidianità di Diana dopo l’intervista.
Le stesse parole ripetute dai media in questi ultimi giorni, dopo l’uscita del libro “Dianarama”. In quest’opera, infatti, l’autore Andy Webb sostiene che il giornalista Martin Bashir la Bbc sarebbero responsabile della morte di Lady D. Una colpa non solo morale, ma anche tangibile, poiché l’emittente avrebbe distrutto e nascosto i documenti che avrebbero potuto provare l’inganno pianificato dal giornalista per ottenere l’intervista.
Per la verità l’idea che queste confessioni di fronte a 200 milioni di persone in tutto il mondo possano avere destabilizzato psicologicamente la principessa non è affatto nuova. I libri e i giornali ne parlano da molti anni, sostenendo che quel 20 novembre 1995 sarebbe stato uno spartiacque nella vita di Diana, una specie di cassa di risonanza alla sua presunta paranoia. Perfino un punto di non ritorno.
Per la precisione questa versione dei fatti venne formulata già trent’anni fa, durante la messa in onda dell’intervista, dice ancora il New Yorker. Nicholas Soames, allora ministro del governo conservatore e amico di Carlo, che all’epoca era ancora principe di Galles, raccontò alla Bbc che appena sei minuti dopo l’inizio del programma Panorama avrebbe avuto l’impressione che Diana fosse “in un avanzato stato di paranoia”. È possibile che non fosse solo una suggestione: la principessa avrebbe riferito che il suo telefono era sotto controllo e le sue lettere venivano misteriosamente smarrite. Il suo legale aggiunse: “Era convinta che ci fosse una cospirazione”.
Sulla stessa lunghezza d’onda è la confidente di Lady D, Rosa Monckton, che nel novembre 2020 rivelò al Daily Mail: “Diana cambiò all’improvviso, passando dalle preoccupazioni quotidiane, come qualunque amica normale, all’ossessione per dei complotti contro di lei”. Questa trasformazione, secondo la Monckton, sarebbe avvenuta quando Diana iniziò a frequentare Bashir. "[Diana]credeva alle dichiarazioni assurde di Bashir. Una delle abilità di quest’ultimo era quella di sfruttare la suscettibilità [della principessa] all’idea di essere spiata da ‘nemici’…Dovete ricordare che era una donna che aveva trascorso tutta la sua vita matrimoniale inseguita dai paparazzi. Non c’è da meravigliarsi che fosse suscettibile” su questo argomento.
L’amica di Lady Diana sentenziò che l’intervista alla Bbc, “ottenuta in maniera disonesta, probabilmente cambiò il corso della storia”, portando l'allora principessa del Galles ad allontanarsi dalla royal family e ad affidarsi agli al-Fayed, che non le avrebbero assicurato una protezione adeguata. Se non avesse concesso l’intervista e, di conseguenza, non avesse preso in tutta fretta le decisioni che la portarono a Parigi, quel 31 agosto 1997, “quasi certamente non sarebbe finita nelle mani incapaci di un autista ubriaco, alle dipendenze di Mohamed al-Fayed…che guidava a una velocità elevata…Il ruolo della Bbc in questa storia non fu quello del pubblico servizio, ma un tradimento della fiducia che avevamo nell’azienda…”.
Solo suggestioni?
L’autore Andrew Morton e l’ex maggiordomo di Diana, Paul Burrell, la penserebbero in maniera del tutto diversa. Anzi, le loro dichiarazioni potrebbero cambiare la narrazione riguardante la presunta paranoia della principessa. Nel documentario di Itv “The Diana Interview. Revenge of a Princess” (2020), menzionato dal Mirror, l’ex maggiordomo Paul Burrell ammise: “Era sotto sorveglianza…Ci sono state occasioni in cui abbiamo sollevato le assi del pavimento e svitato l’estremità del telefono per vedere se c’erano dei dispositivi di ascolto”. Burrell disse che Diana si sarebbe sentita sempre seguita e sorvegliata, ma “non era paranoica, bensì preoccupata”.
Andrew Morton, autore del libro “Diana. La Sua Vera Storia” (1992), spiegò in modo più concreto i presunti timori della principessa: “La preoccupavano i servizi segreti, MI5 e MI6”. Diana non sarebbe stata l’unica a provare l’inquietante sensazione di essere sotto stretta sorveglianza. Morton rivelò: “Accadevano cose bizzarre nella residenza del principe e della principessa del Galles. La guardia del corpo di quest’ultima, Ken Wharf, sentiva di essere seguito. Il suo amico Richard Kay, giornalista del Daily Mail, venne derubato diverse volte e assunse un detective privato. Anche il mio ufficio fu svaligiato…”.
“Mia madre non era paranoica”
Il principe Harry non avrebbe mai creduto alla versione secondo la quale Diana avrebbe trasformato le sue paure in ossessioni. In un’intervista per il documentario Itv “Tabloids on Trial” (2024), citato da SkyNews Australia, il duca ha parlato dello scandalo, di cui è stato vittima, relativo alle intercettazioni telefoniche del 2011, ricordando che non fu subito creduto da tutti: Potrebbe essere paranoia, ma quando vieni scagionato questa è la prova che non sei paranoico”.
Poi ha paragonato la sua vicenda a quella di Diana, rivelando il suo punto di vista, diametralmente opposto a quello del fratello William, sulle preoccupazioni della principessa negli ultimi anni di vita: “È stato lo stesso con mia madre: c’erano indizi che suggerivano che il suo telefono fosse stato messo sotto controllo alla metà degli anni Novanta. Probabilmente fu una delle prime persone a cui venne hackerato il telefono, ma ancora oggi i tabloid si divertono a dipingerla come una paranoica”. Harry è certo: “Lei non era paranoica, aveva assolutamente ragione riguardo ciò che le stava accadendo e oggi non è qui per scoprire la verità”.
Già due anni fa, di fronte all’Alta Corte di Londra, nel processo contro il Mirror Group Newspapers, terminato nel dicembre 2023 con la vittoria di Harry, questi aveva confrontato le paure della madre con le sue, sostenendo che Diana non fosse paranoica, ma semplicemente “spaventata da ciò che davvero le stava accadendo e ora so che per me è stato lo stesso”. Il duca aveva raccontato di essere arrivato ad allontanare i suoi amici più cari credendo che lo tradissero, raccontando ai giornali le questioni più intime che lo riguardavano. “Vedo quanta vita ho sprecato a causa di questa paranoia”, ma “dopotutto questa paranoia acuta di essere costantemente sotto sorveglianza non era poi fuori luogo”.
Non è pazzia
Capire se davvero Diana fosse paranoica non è affatto semplice, in particolar modo dopo tutti questi anni. Essere molto preoccupati, avere paura, trasformare i timori in pensieri fissi non sono la stessa cosa, ovviamente e tra queste tre possibilità c’è la classica scala di grigi, di fasi intermedie. È probabile, anzi, quasi certo che gli inganni di Bashir e l’intervista del 1995 abbiano condizionato la principessa, magari agendo su turbamenti preesistenti, ma non è scontato che tale condizionamento fosse uno stato paranoico costante.
Inoltre è bene sottolineare che la parola paranoia non è affatto un sinonimo di pazzia (termine, quest’ultimo, molto generico, i cui confini sono fin troppo evanescenti). È un disturbo psicologico, una psicosi che porta a ritenere di essere perseguitati, che gli altri vogliano farci del male o imbrogliarci. Stimola la diffidenza e il sospetto, ma non implica necessariamente la follia in senso lato.
Tra l’altro le manipolazioni esercitate da Bashir su Lady D e la conseguente intervista possono essere interpretati in due modi opposti: nel primo le false ricevute presentate dal giornalista hanno alimentato i sospetti, la paranoia della principessa. Nel secondo, però, questi raggiri dimostrerebbero che in fondo Diana aveva ragione: qualcuno avrebbe voluto ingannarla e sfruttarla: Martin Bashir. Solo che lei non se ne rese conto in tempo.
Per quanto riguarda un’eventuale sorveglianza dei servizi segreti (non parliamo delle bugie di Bashir, ma di un effettivo controllo di MI5 e MI6) sulla vita di Diana, al momento non ci sono prove. Tuttavia non sarebbe un fatto tanto strano: non possiamo escludere, infatti, che Lady D fosse sorvegliata, ma per semplici ragioni di sicurezza.
La responsabilità della morte di Diana
“Ritengo Bashir completamente responsabile per la morte di Diana. Non parzialmente. Totalmente responsabile. Se non fosse stato per lui, lei sarebbe ancora viva”, ha dichiarato il terapista della principessa, citato nel libro “Dianarama”. È un’affermazione molto forte. Forse la Bbc e Martin Bashir possono avere una responsabilità morale, etica, più nello specifico anche deontologica. Invece stabilire quanto i sotterfugi e l’intervista abbiano influenzato le scelte di Diana negli ultimi mesi di vita fino alla corsa nel Tunnel dell'Alma è tutt’altro che immediato. Il rapporto causa-effetto potrebbe essere più sfumato.
Proviamo a vedere la questione da un punto di vista diverso: Lady Diana è morta a causa di un incidente stradale, ci dicono le fonti ufficiali, causato dall’elevata velocità, dal tasso alcolico nel sangue dell’autista Henri-Paul. Questa è la motivazione concreta, la dinamica dei fatti. Nel fatto in sé, dunque, Bashir e la Bbc non possono avere alcuna responsabilità.
I pensieri, le valutazioni che hanno portato la principessa a prendere determinate decisioni fino all’ultima notte a Parigi rappresentano, al contrario, qualcosa di più complicato da valutare, poiché non tangibile. Noi abbiamo visto i risultati di questi pensieri, cioè le scelte di Diana (i viaggi con Dodi al-Fayed, per esempio). Nessuno, però, può garantirci che se Diana non avesse concesso l’intervista non sarebbe morta quel giorno, in quel tunnel (tra l’altro da qui ci avventureremmo nel labirinto di un discorso su destino e caso che non ha una conclusione univoca).
La correlazione tra le azioni del giornalista, il ruolo dell’azienda e la morte di Lady D che, non dimentichiamolo, avvenne quasi due anni dopo l’intervista, non sono immediate e nemmeno quantificabili. Del resto potremmo anche obiettare che Diana, per esempio, si sarebbe avvicinata a Dodi al-Fayed non a causa delle rivelazioni fasulle di Bashir, ma dopo la fine della sua storia con il cardiochirurgo Hasnat Khan. Ma certamente questo non vuol dire che il medico abbia una parte di “responsabilità” nella morte della principessa.
Tutto ciò, naturalmente, non scagiona né Martin Bashir, né la Bbc. Non toglie nulla alla profonda gravità di quanto accaduto.
L’inchiesta di Lord Dyson ha verificato il loro ruolo nella manipolazione dei fatti e della stessa principessa. Stabilire a posteriori cosa sarebbe accaduto a Diana se non avesse creduto a Bashir, né rilasciato l’intervista è materia per la storia controfattuale.