La barzelletta di Gianfranco

Fini dà fiducia al gover­no a giorni alterni. O me­glio, la vota in Parlamento, ma poi la smentisce nei fat­ti e nelle parole quotidia­ne. La politica dell’elastico del nascente Fli continua senza sosta: sì alla riforma della giustizia ma no a rifor­me non condivise coi giu­dici (cioè no alla riforma); sì al federalismo, ma basta con l’assecondare le richie­ste della Lega (cioè no al programma elettorale) e via dicendo. L’affidabilità della presunta terza gam­ba della maggioranza an­c­he ieri si è dimostrata ine­sistente. E nulla lascia in­tendere che le co­se potrebbero cambiare nelle prossime setti­mane. Intanto l’assalto conti­nua. Giornali, tv e opinionisti si stanno scatenan­do contro la scar­sa moralità di Berlusconi per una barzelletta con finale blasfemo pro­nun­ciata in privato e carpi­ta da una telecamera man­data da chissà chi. Però, in queste ore, nessuno dei si­gnori sopracitati si scanda­lizza del documento recu­pera­to a Santa Lucia e pub­blicato ieri anche da Il Gior­nale . È, in sostanza, la pro­va regina che la casa di Montecarlo è di proprietà di Giancarlo Tulliani. Quel­la che Fini aveva detto: se esiste mi dimetto. Ovviamente nessuno aveva creduto a quella pro­messa. Comunque non noi. Basta ripercorrere la sua storia politica per capi­re­che Fini è uomo non affi­dabile. Che lui quindi scap­pi anche dalle sue parole è normale, così come non ci stupisce che i suoi puntino il dito sul modo con il qua­le quel documento è stato recuperato invece che af­frontarne il contenuto. Quello che svela l’ipocri­sia dilagante dei politici e dei mezzi di informazione democratici è che nessu­no, dico nessuno, chieda a Fini: bene, adesso dimetti­ti. No, lo scandalo non è la bugia (a questo punto dop­pia), la mancanza di paro­la della terza carica dello Stato: il problema etico del Paese è la barzelletta del presidente del Consiglio. E dire che le vere barzel­le­tte sono quelle racconta­te da Fini, mentre le patac­c­he non sono quelle che ar­rivano da Santa Lucia sul­la casa di Montecarlo. Fa ri­dere infatti la fiducia stru­mentale data in Parlamento nei giorni scorsi al governo. È comi­co, alla luce dei fatti, il videomes­saggio trasmes­so sabato scorso dal presidente della Camera. So­no entrambi dei falsi costruiti a ta­v­olino per guada­gnare tempo rispetto al progetto di abbattere, alle­ati neppure tanto occulti dei magistrati politicizza­ti, questa maggioranza e Silvio Berlusconi in perso­na. Il quale, anche ieri, ha ridetto di voler provare ad andare avanti con questi alleati «fino a prova contra­ria ». Già, ma quante prove devono ancora arrivare prima di imboccare altre strade? Forse già stasera ne sapremo di più. Berlu­sconi torna infatti in piaz­za, a Milano, dove chiude la festa nazionale del Pdl. L’ultima volta fu quella del­la statuetta in faccia.

Nel frattempo il partito del­l’odio ha fatto passi in avanti e arruolato nuovi so­ci: allora Fini, Bocchino, Granata stavano ancora sottocoperta a tramare. Oggi pomeriggio si terran­no alla larga. E non è un male per nessuno.

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