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Basayev forse tradito per 500mila dollari

«La Guerra santa contro l’invasore russo continua», proclama il portavoce degli indipendentisti

Marcello Foa

Basayev è morto, ma la Guerra santa contro l’invasore russo continuerà. Parola del portavoce degli indipendentisti ceceni all’estero Movladi Udugov. «C’è una nuova generazione di musulmani che non si arrenderà mai e che conosce il proprio nemico; prenderà il posto di quelli che se ne vanno», afferma in una dichiarazione pubblicata sul sito Kavkazcenter.com. E a a Grozny il ministro della Difesa russo Serghei Ivanov ammette che la guerra non è vinta «perché la stuttura della guerriglia cecena è ancora attiva e darà ancora filo da torcere alle truppe russe». Non basta uccidere il «Bin Laden ceceno», quale era considerato Basayev, per scoraggiare la lotta armata. Tanto più che i ceceni hanno già un nuovo capo: è il 42enne Doku Umarov, l’alter ego di Basayev. Ex ingegnere petrolifero, la barba rossa incolta, il volto segnato dalla scheggia di una granata, dal 2002 comanda i ribelli del Fronte sud-occidentale. Nelle poche interviste rilasciate a giornalisti occidentali - l’ultima nel 2005 a Radio Liberty - ha sempre condannato il terrorismo contro i civili; ma gli esperti russi e caucasici non gli hanno mai creduto e lo sospettano addirittura di aver partecipato all’assalto della scuola di Beslan. Nel 2004 il quotidiano Izvestia rivelò che diversi ostaggi lo avevano riconosciuto tra i capi del commando, ma il suo cadavere non è mai stato trovato. Umarov sarebbe riuscito a scappare approfittando del caos durante l’assalto delle truppe speciali: subito dopo la tragedia il Cremlino ammise che quattro terroristi erano riusciti a scappare, salvo poi ricredersi annunciando l’uccisione di tutti i sequestratori, tranne Nurpashi Kulayev, l’unico catturato vivo.
Umarov ha già i galloni di numero uno della guerriglia: gli sono stati attribuiti lo scorso 17 giugno, con il consenso dello stesso Basayev, all’indomani dell’uccisione di un altro leader ceceno, Abdul-Khalim Sadulayev. Ora è il capo a tutti gli effetti e presto dovrà dimostrare il suo potere. Forse con un’altra Beslan o con un altro Dubrovka, il teatro di Mosca che fu sequestrato nell’ottobre 2002.
Da ieri comunque non ci sono solo i russi nel mirino dei ceceni. Il portavoce Ugudov ha indicato nell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), nel Consiglio d’Europa, nel presidente americano George Bush, nel rabbino capo di Mosca, nella Chiesa russa ortodossa, i nuovi «nemici» del popolo ceceno. La loro colpa? «Aver gioito per la morte di Basayev».
Una scomparsa le cui circostanze continuano a non essere chiare. Si è trattato di un blitz dei servizi segreti o di un banale incidente a bordo di un camion carico di esplosivo? Mosca continua a insistere sulla prima versione. Ieri ha rivelato altri particolari: sostiene che il «Bin Laden» ceceno sarebbe stato individuato seguendo il segnale del suo telefono satellitare sulle montagne al confine tra l’Inguscezia e la Cecenia, come già era accaduto nel 1996 in occasione dell’uccisione di Dzhokar Dudayev. Secondo fonti citate dai giornali russi, Basayev sarebbe stato tradito da un uomo del suo seguito, che si è venduto ai russi per una somma fra i 300 e i 500mila dollari e che avrebbe piazzato sotto il camion un ordigno telecomandato. Ma i ribelli definiscono assurde entrambe le ipotesi: il mezzo su cui viaggiava il numero uno dei terroristi è saltato in aria per l’esplosione accidentale delle bombe che trasportava.

La verità non si saprà mai, come spesso accade nel Caucaso.

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