Prima di andare sulla riva dei dannati, con 15 punti da rimontare a metà del terzo tempo, l'Olimpia cerca una luna diversa e - cosa strana per la sua stagione iniziata con due scarpe sinistre e troppi giocatori sbagliati - trova anche belle notizie nel mezzogiorno che avvilisce la Benetton: successo contro Treviso dopo 6 sconfitte consecutive e apertura di credito di Giorgio Armani, intenerito dall'invocazione del pubblico che lo vuole padrone della società e non soltanto sponsorizzatore per i prossimi tre anni.
Cambia la luna all'isola di Assago dove vedi soltanto gru e facce di gente disperata che cammina verso il Forum. Per 4000 naufraghi i primi 20' sono il solito strazio (39-48), anche se Attilio Caja prova a mettere gli artigli su una squadra impaurita, ancora senza Gallinari, e sempre sbilanciata dall'equivoco Gaines-Bulleri che, però, ha scelto almeno gli attaccanti giusti in Sesay (27 punti alla fine e 7 rimbalzi come Watson) e Vukcevic (24 prima di uscire nella volata già vinta per un colpo alla coscia).
La Benetton sembra più avanti nella clinica dell'infelicità dove convive con la stessa Milano, con una Fortitudo denudata in casa da Avellino che soltanto lontano dall'Irpinia gioca come una squadra felice seguendo il piccolo Green che era stato offerto anche a Bologna per pochi dollari, prova a giocare insieme e quasi ci riesce, fino a quando non trova più le gambe e scopre tardi che Chalmers è davvero l'uomo che può prendere a calci ogni secchio di latte prodotto appena le sue mani si gelano e la sua testa non è più al servizio di una gruppo che sopporta poco la scarsa atleticità di Gigli (5 tiri, 6 punti), la stanchezza mentale di Mordente (0 su 3 e palle perse importanti), la pesantezza di Austin (23 punti, 1 su 5 ai liberi, 3 palle perse, 8 rimbalzi), lucido e immarcabile fino a quando con due tiri da tre ha portato i verdi a +15, ma poi diventato statico ed impreciso, le tensioni di un Soragna sfiancato dal lavoro per tutti gli altri. Atsur sembra l'unico regista in campo, ma pure lui si confonde troppe volte, DeMarr Johnson ha la faccia di quelli che sanno di essere già scaricati e i suoi 13' diventano anonimi dopo una bella entrata iniziale. Secca anche la panchina dove non trovano spazio i quasi azzurri Maresca e Fantoni.
Due tempi per sentire la gente del Forum imprecare fino a quando l'intervista televisiva a metà partita non fa rimbalzare sulle tribune le parole di Giorgio Armani invocato come salvatore, nella speranza che non ci siano pacchi in giro per scoraggiarlo come teme qualcuno: «Comprare una squadra non è come andare a prendersi un caffè.
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