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Bassolino fa finta di nulla: siamo andati bene resto ancora un altro anno

Malgrado l’emergenza rifiuti e la sconfitta elettorale, il governatore non vuole sentir parlare di dimissioni: «In Campania il Pd ha guadagnato, e io vado avanti»

Bassolino fa finta di nulla: siamo andati bene resto ancora un altro anno

nostro inviato a Napoli

E no che non si dimette. «E perché mai? Qui c’è molto lavoro da fare, resterò almeno un altro anno. Piuttosto, dovrebbero farmi un monumento». Rifiuti fumanti, città nella bufera, sinistra evaporata, eppure Antonio Bassolino stavolta si sente quasi vincitore. «Il Pd in Campania è andato bene. Forse è la regione dove è andato meglio».
Altro che fattore R, altro che palla al piede, il governatore si sente un valore aggiunto. Un paradosso? Macché. «Guardiamo bene i numeri. Nel 2006 Ds e Margherita insieme avevano preso il 27 per cento al Senato. Oggi, senza l’apporto di De Mita e della sinistra diessina, il partito democratico è al 29,2. Quarantamila voti e 2,2 punti in più, malgrado il forte astensionismo. E a Napoli città il Pd è cresciuto del 5,5%, arrivando al 35,01». Dunque, spiega il governatore, la sconfitta ha ragioni prevalentemente nazionali. L’effetto-Bassolino non c’entra. Anzi.
Per questo lui, nonostante le tante pressioni, a lasciare il posto non ci pensa nemmeno. Checché ne dicano i maggiorenti del Pdl, per i quali il ciclo di don Antonio è finito. «È arrogante - dice il coordinatore di Forza Italia Nicola Cosentino - e ha sprofondato l’immagine della Campania». Checché ne pensi Luigi Nicolais. «Dal punto di vista della psicologia dell’elettorato sarebbe stato più favorevole se Antonio si fosse dimesso prima», dice il ministro uscente e futuro candidato a palazzo Santa Lucia. «In democrazia - risponde Bassolino - ognuno esprime legittimamente le proprie opinioni. La mia è che abbiamo il dovere di andare avanti e che sarebbe stato un disastro se avessimo fatto un’altra scelta nelle scorse settimane invece di assolvere al dovere civico e istituzionale di dare un contributo per migliorare la situazione immondizia». Niente dimissioni: «Berlusconi si insedierà a Palazzo Chigi perché è stato indicato dal popolo italiano, noi andiamo avanti perché io sono stato eletto dai cittadini.
Ancora in trincea, quindi. «Ora dobbiamo collaborare con il governo nazionale e con il commissario straordinario Gianni De Gennaro fino al 10 maggio per uscire definitivamente dall’emergenza. E dopo abbiamo il dovere di rimettere in moto l’economia e far riprendere il turismo». È un programma snello, ridotto, in tre punti, per 360 giorni. One more year, come dicono gli americani e poi chissà. «Andremo avanti almeno un altro anno. Sarà un anno di intenso e saggio lavoro e dopo, come previsto, la parola tornerà di nuovo ai cittadini».
E il Cavaliere, che vuole tenere nel Golfo i suoi primi Consigli dei ministri? Bassolino lo aspetta a braccia aperte. «Berlusconi viene a Napoli? Benvenuto e buon lavoro. Per quanto mi riguarda, collaboreremo, come del resto abbiamo sempre fatto a partire dal 1994. Finita la campagna elettorale, è giusto che le istituzioni si consultino lealmente nell’interesse di Napoli, della Campania e dell’Italia. Io penso che lo stesso Berlusconi avrà tutto l’interesse a rilanciare turisticamente la città». Ben venga anche il Carroccio. «Da sindaco - ricorda - ho avuto ottimi rapporti con Roberto Maroni ministro dell’Interno. Adesso che la Lega tornerà al governo, dovremo riaprire il confronto con linguaggi e modalità diverse rispetto alla campagna che si è appena conclusa».
E guai, insiste Bassolino, a sottovalutare il boom dei lumbard. «Il voto parla chiaro. Quando si raggiungono punte del venticinque per cento nelle zone più industrializzate del Paese, il problema non è solo la munnezza, ma le relazioni con lo Stato», Insomma, «il terremoto politico è appena scoppiato» e non finirà qui. La prospettiva è cambiata e il centrosinistra, avverte il governatore, deve cambiare occhiali. «La Lega, piaccia o non piaccia bisogna pur dirlo, è un partito di popolo. Non è più solo una scelta dei piccoli imprenditori, ma anche di tanti operai e lavoratori. C’è poco da fare. Ci sono forze sociali che una volta erano considerate classicamente di sinistra e che ora sono in assoluta mobilità politica».
Sono saltati i vecchi blocchi sociali. Questo vale soprattutto «nelle grandi città, in particolare nelle zone popolari dove il voto è conteso e si può spostare e al limite è al confine». È saltata completamente anche la sinistra. Il tramonto dell’arcobaleno per Bassolino «è un problema sotto tanti punti di vista». Uno salta subito agli occhi e riguarda il sistema delle alleanze in Campania, al Comune e alla Regione. Il governatore predica in gioco a tutto campo. «Spetta ora alla saggezza delle istituzioni locali mantenere vivo il confronto per aprire una nuova stagione di alleanze». Tutti liberi. «Finisce un ciclo politico, chi ha più filo tesserà.

Non si costruisce a tavolino una strategia di intese valida per l’Italia delle cento città».

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