"Basta coalizioni con Tonino". Ma nessuno lo molla

"Basta coalizioni con Tonino". Ma nessuno lo molla

Roma - Tra poco più di un mese il Pd e l’Italia dei Valori potranno festeggiare, si fa per dire, il secondo anniversario di matrimonio. Ma che le nozze siano state contratte più per convenienza che per amore lo testimoniano i quotidiani battibecchi tra i due sposi. L’ultima in ordine di tempo è arrivata dal vicesegretario democrat Enrico Letta che domenica scorsa ha attaccato il partito dell’ex pm. «Con questa continua rincorsa Di Pietro e De Magistris portano il centrosinistra nell’abisso e sono i migliori alleati di Berlusconi», ha dichiarato stigmatizzando i ripetuti attacchi di Tonino contro il presidente Napolitano e contro il Pd accusato un giorno sì e l’altro pure di inciucismo e favoreggiamenti vari.

Oggi a Largo del Nazareno sono in molti a mordersi le mani per quella croce che sono costretti a portarsi dietro per la scelta dell’allora segretario Walter Veltroni che consegnò il partito «a vocazione maggioritaria» nelle grinfie del politico molisano condannando alla scomparsa alleati di lungo corso come i socialisti. Una sorte migliore non è comunque toccata a chi già all’epoca profetizzava sventure.

«Che ci azzecca uno come Di Pietro col Pd?», si domandò il senatore Antonio Polito. La risposta fu la non ricandidatura e il ritorno al Riformista. «Credo che fare coalizioni sia sbagliato», si era sbilanciato il mariniano Beppe Fioroni, progressivamente marginalizzato nella gestione del partito.

Da febbraio ad aprile del 2008 nessuno osò contraddire il segretario anche per timore di scomuniche. All’indomani del rovescio elettorale, quando fu chiaro che Di Pietro non avrebbe rispettato il patto di formare un gruppo unico in Parlamento (perdendo i contributi di Camera e Senato), i malumori tornarono a serpeggiare. Per esplodere dopo i soliti attacchi ai tentativi di dialogo e, soprattutto, dopo l’indecorosa sceneggiata di Piazza Navona. «Alle prossime elezioni faremo altre alleanze», disse Massimo D’Alema il 10 luglio 2008 iniziando a bombardare la roccaforte veltroniana. «Ora basta, occorre dare un taglio netto», gli fece eco Marco Follini inaugurando un personale duello.

«Con Di Pietro non c’è mai stata armonia», sintetizzò bene il sindaco di Torino e ministro ombra Sergio Chiamparino. In vista della manifestazione del Circo Massimo e, soprattutto della composizione del puzzle Rai, il segretario fece orecchie da mercante. Per svegliarsi all’improvviso nel salotto di Fabio Fazio a Che tempo che fa il 19 ottobre 2008. «L’alleanza è finita quando Di Pietro ha stracciato l’impegno dopo le elezioni di costituire un gruppo comune», dichiarò spiazzante.

Alleanza finita un corno. La settimana successiva Di Pietro era in piazza con il Pd. Anche perché, pensando alle Regionali in Abruzzo, Veltroni decise di candidare Carlo Costantini dell’Idv. La sconfitta era sicura ma il Pd prese una bella scoppola. Risultato: mozione di Follini in direzione contro l’alleanza e promessa di Fioroni di fare «un gran casino» contro l’ex pm. Prese la parola pure D’Alema quel 19 dicembre: «La dipietrizzazione del centrosinistra è destinata a sfociare nel minoritarismo», disse il líder Massimo. Veltroni fece finta di nulla.

Il 2009 cominciò com’era finito il 2008. «L’asse con Di Pietro è finito», si sgolò Linda Lanzillotta, poi trasmigrata con Rutelli nell’Api. Fu Veltroni a salvarsi dalla foga dei suoi dimettendosi. Pensate che il suo successore Franceschini abbia preso posizione? Macché. Nella campagna per le Europee fu il buon D’Alema ad esporsi ancora una volta. «Ritengo che non vadano più bene né l’Unione né l’autosufficienza o l’esclusiva alleanza con Di Pietro», si sbilanciò il 30 aprile 2009 l’ex premier che da ormai un anno lavorava all’intesa con l’Udc. «Di Pietro è un tumore interno per distruggere il partito», aggiunse l’ex ministro De Castro.

La maratona per l’elezione del nuovo segretario ha poi attutito il dibattito e anche Pier Luigi Bersani si è sempre guardato bene dal dire una parola decisa. Prima della recente esternazione di Enrico Letta si possono registrare i quotidiani comunicati del vicepresidente della Vigilanza Rai, Giorgio Merlo. «Tra Pd e Idv non c’è convergenza politica e culturale» è l’ultimo.

L’Idv replica con gentilezza: «Merlo è un merlo». Ma perché il Pd non si difende? Tornano alla mente le parole di Enrico Boselli: «Veltroni ci ha sacrificati a Di Pietro per pagare un debito di riconoscenza, non so se giudiziario o meno».

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