I 460 ragazzini del Centro Storico di Pordenone a settembre saranno alle prese con un dilemma amletico: quale colore scegliere? Già perché sul resto è tutto deciso, almeno nelle intenzioni. La dirigente scolastica della scuola media della città veneta, Teresa Tassan Viol, non ha dubbi. Dal nuovo anno scolastico si cambia: via le canotte attillate con relativo ombelico scoperto, via le magliette griffate da cento euro che tanto mortificano chi invece deve rimediarle dal vu’cumprà (stesso marchio ma falso).
Insomma via tutto quello che tra i ragazzini fa la differenza, via tutto quello che si limita all’apparire. Abbasso i vestiti all’ultima moda, anche un po’ sconci, viva la divisa: felpa o maglietta, in ogni caso uguale per tutti, col logo della scuola. Chi sgrana già gli occhi pensando a un rigurgito di severità fuori tempo, si sbaglia di grosso. La dirigente spiega che «nella scuola va recuperata un po’ di serietà e i ragazzi non devono pensare di fare una sfilata di moda in classe a discapito di chi non se lo può permettere. Meglio la divisa per tutti, perché è bella, identitaria ed equa».
Fosse per la dirigente la divisa sarebbe andata a regime da un anno. Ma burocrazia, permessi e consigli di istituto avevano rallentato il progetto. Ora si dovrebbe partire. Il condizionale è d’obbligo. Non è escluso che i ragazzi facciano barricate pur di evitare la felpa invernale da college inglese o la polo estiva con il logo. Ma per ora sembra l’unico ostacolo. Il consiglio di istituto e i genitori contattati in via informale sono d’accordo. All’unanimità. Anzi, mamme e papà sono felici dell’iniziativa. «Così si risparmia sull’abbigliamento», hanno spiegato alla dirigente scolastica. La signora Viol, però, non vuole fare della sua scelta un caso nazionale. «Il ministro Gelmini aveva già caldeggiato la divisa nelle scuole primarie ma io non voglio scomodare il ministero. La mia proposta è dettata da motivi di praticità, convenienza e soprattutto identificazione». Viol spiega che «la divisa può diventare uno strumento di affezione tra l’alunno e la scuola, una forma di appartenenza al proprio istituto». E poi c’è l’aspetto educativo, più importante. Per esempio è successo che, in un tema, un ragazzo raccontasse di essere stato deriso dai compagni per i suoi jeans non firmati come quelli di tutti gli altri. «I ragazzi moderni sono molto attenti all’effimero, alla griffe, alla forma.
Dedicano molta attenzione al look e questo li distrae dalla sostanza, dallo studio. Va ripristinato il messaggio educativo».
Nella scuola di Pordenone, così come nelle altre scuole italiane, si vede di tutto. «A volte i ragazzi si presentano in tenuta da spiaggia e la ragazzine non passano inosservate con le loro canotte attillate e a ombelico scoperto. A questo punto deve essere ripristinato il buon senso e il buon gusto». E così, dopo le parole, si passerà ai fatti. «Non si tratta di essere bacchettoni, per noi i jeans vanno benissimo, ma gli eccessi non saranno più permessi». Viol deve gestire una scuola che vanta il 30 per cento di extracomunitari. Tutti ragazzi vivaci e gentili ma tra loro ci sono profonde differenze economiche. «Esiste da noi, come in ogni scuola statale, il problema delle classi sociali.
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