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«Basta provocazioni Gianfranco accetti le regole del partito»

RomaMacché stop, ma quale rinvio. La legge sulle intercettazioni, assicura Silvio Berlusconi, «è ormai in dirittura d’arrivo» e sarà approvata entro l’estate. Dopo, «il nostro Paese sarà più moderno». Dubbi? Proprio nessuno, perché gli italiani, «nella stragrande maggioranza, sono d’accordo con me», Fini se ne faccia una ragione e la smetta di remare contro. Basta dunque con «gli strappi», con le «inutili provocazioni quotidiane», con lo «stillicidio di polemiche continue». In un grande partito «ci possono essere opinioni diverse» ma poi «la decisione che raccoglie il maggior numero di voti deve valere per tutti».
In bilico tra pubblico e privato, tra passato e futuro, il Cavaliere sceglie Oggi per fare il punto dello stato dell’arte a metà legislatura. Il premier parla dei figli, dei divorzi, della mamma che scrisse il suo epitaffio, del Giornale e dei rapporti con Indro Montanelli. E parla di Fini, il cofondatore del Pdl, oggi in rotta di collisione. «Dovrei fare la pace con lui? Ma per fare la pace prima ci deve essere stata una guerra e io non sono mai stato in guerra con nessuno, litigare è una cosa estranea al mio Dna». Berlusconi, questo è noto, vorrebbe sempre piacere a tutti. «Io mi faccio concavo o convesso a seconda dell’interlocutore, pur di far prevalere ogni volta il dialogo e il confronto amichevole. E questo vale anche per il presidente della Camera».
C’è però un problema politico. Il Cav non se lo nasconde. «È assolutamente lecito che esistano opinioni differenti. Però poi si vota e la decisione finale deve valere per tutti. Gianfranco non ha mai contestato questa regola, che nel Pdl è in vigore fin dal primo giorno, tant’è vero che io stesso ho dovuto subirla in diverse occasioni». Questo, senza «strappi, provocazioni quotidiane e polemiche continue», è «il metodo democratico con cui compiere la felice intuizione che oltre dieci anni fa discussi con l’indimenticabile Tatarella».
«Pinuccio», l’uomo che ha defascistizzato l’Msi, che ha teorizzato la sua trasformazione in An. Citandolo, Berlusconi sa benissimo di carezzare Fini contropelo. «Resterà nel Pdl? Credo che pure per lui sia stato un traguardo storico irreversibile. Non penso che voglia mettere in discussione questo risultato. Il nostro popolo non capirebbe».
Eppure succede, come dimostra il costante smarcamento del cofondatore. L’ultima presa di distanze è sulle intercettazioni. Ma il presidente del Consiglio vuole andare a chiudere in fretta: non sarà la manovra, dice, a far perdere tempo. «La norma è in dirittura d’arrivo. Quando ne parlo in pubblico ottengo solo consensi». Non si tratta, giura, di una legge-bavaglio. «Il mio obbiettivo è porre fine a un sistema di abusi che in tanti anni ha di fatto cancellato il diritto alla privacy. È il portato di una cultura giustizialista che accomuna una piccola lobby di pm politicizzati e la lobby dei giornalisti, che invece di fare le inchieste sul campo preferiscono fare del copia e incolla sui fascicoli delle procure che contengono delle intercettazioni, anche quelle dove emergono fatti privati». Nessun regalo a cosche e caste, insiste: «Contro la mafia e le altre organizzazioni criminali resterà tutto come prima. Cerchiamo solo un giusto equilibrio, invece i giornali di Carlo De Benedetti, che si dice deluso del Pd, mi rovesciano addosso di tutto».
Poi il Cav apre pure qualche scrigno privato. Le mogli: «Carla Dall’Oglio è stata una grande mamma e una gran signora. Si è comportata sempre con ammirevole riservatezza, la stimo molto. Rispetto al suo, quello con Veronica è stato per me un divorzio molto più doloroso. Alcuni passaggi della vicenda mi hanno anche ferito, non voglio tornarci sopra». I figli: «La cosa più importante è l’affetto che continuano a portare a entrambi i genitori, confermando di avere un’ottima educazione e grande equilibrio. Sono certo che strada facendo Barbara, Eleonora e Luigi potranno trovare una collocazione attiva, di responsabilità vera, nel gruppo, come è già accaduto per Marina e Pier Silvio. Penso di essere un padre giusto ed equanime». Il Giornale: «Non mi sono mai pentito di aver salvato un quotidiano che era una bandiera della libertà contro la sinistra che sembrava vicina al potere. Per questo mi ha ferito la scelta di Montanelli, quando scesi in politica, di esprimere non un legittimo dissenso ma un’inutile polemica. La vendita? Se ne occupa mio fratello». E la mamma Rosa: «Un giorno mi portò un foglietto con la frase che voleva fosse scolpita sulla mia tomba. “Fu un uomo buono e giusto, dolce e forte”.

Grazie mamma, risposi, cercherò di essere così».

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