Battaglia continua

Vorrei partire da un semplice fatto di cronaca pubblicato solo dal Corriere della Sera e in prima pagina. Parto da un fatto di cronaca perché, come vedremo, mi tocca personalmente. Poi perché mi consente di fare un discorso più generale sulla guerra civile fra fascisti e antifascisti che è continuata sino ad oggi anche se in forme e in guise diverse.
Il fatto di cronaca è questo: il sindaco di Roma Walter Veltroni nell'avvicinarsi del decennale della morte di Renzo De Felice avvenuta nel 1996 (ma per essere più precisi il 25 maggio) annuncerà ufficialmente che Roma intitolerà una strada a Renzo De Felice, poi seguirà un Convegno sull'opera del grande storico.
Questo annuncio mi ha stupito: a Roma non c'è nessuna strada intitolata a Rosario Romeo, il più grande storico dei tempi recenti. Meravigliato perché De Felice non era certo un simpatizzante dei comunisti. Indignato perché al convegno su De Felice (ma senza De Felice) saranno presenti i molti detrattori della sua opera, come Nicola Tranfaglia, i quali però negheranno che De Felice sia stato perseguitato. Che rabbia nel vedere questa sinistra ex comunista che non vuole ammettere gli errori del passato, che vuole essere sempre sulla cresta dell'onda e dare lezioni ai dissidenti, magari insegnando la loro vera storia del fascismo.
L'opera di De Felice su Mussolini (sono usciti sette grossi tomi, più un volume postumo) è stata criticata dal MinCulPop (Ministero della Cultura Popolare) della sinistra in un crescendo che è culminato con la pubblicazione del volume Gli anni del consenso (1974) e dell'Intervista sul fascismo (1975). Nel migliore dei casi si criticava De Felice di essere a-fascista e non anti-fascista, nei casi peggiori un diseducatore, insomma si voleva che liquidasse sul piano storiografico Mussolini come avvenne a Dongo.
De Felice non solo fu perseguitato sul piano culturale, ma fu perseguitato anche nella sua vita privata. Pensiamo alle intimidazioni che ebbe all'Università di Roma dagli studenti nella loro - ormai è chiaro - stupida e sterile rivolta: era costretto a uscire con la scorta. Le stesse intimidazioni le ebbe Rosario Romeo costretto ad abbandonare l'Università di Roma. De Felice tre mesi prima della morte vide lanciate sul suo terrazzo due bombe molotov. Tutto questo dobbiamo dimenticare per compiacere la sinistra ed avere un «pensiero corretto»? In realtà era la guerra civile che continuava con altri mezzi.
Veniamo al fatto personale. Ero stato nominato membro della Commissione che doveva esaminare il passaggio di De Felice da professore straordinario a professore ordinario. Gli altri due membri della Commissione erano i professori Guido Quazza e Mario Bendiscioli. Generalmente, se uno ha scritto almeno un saggio, è un esame assai semplice e rapido. Ma gli altri due commissari (di sinistra) erano decisissimi a non promuovere De Felice. Dopo una lunga ed estenuante battaglia che ho ingaggiato la Commissione promosse De Felice solo a maggioranza. Il che fu per molti un vero scandalo.
A difendere De Felice dai continui attacchi scesero Giorgio Amendola su l'Unità, Leo Valiani sul Corriere della Sera e Rosario Romeo su il Giornale. Ma Indro Montanelli volle che il suo giornale tornasse sull'argomento per fare un bilancio. Così il 26 agosto 1975 uscì un mio articolo dal titolo La mistica antifascista nel quale mettevo in luce il linciaggio morale di De Felice da parte di storici provinciali e superficiali, provinciali perché tutta la storiografia europea era sulla stessa onda di De Felice, superficiali perché la storiografia deve narrare come sono andate le cose, non essere giustiziera del passato.
In tempi più recenti uno storico stimato da tutti, Roberto Vivarelli, pubblicò con il Mulino un volume dal titolo La fine di una stagione nel quale raccontava come nella giovinezza avesse aderito alla Repubblica sociale italiana. Cascasse il mondo: non solo il libro venne violentemente criticato, ma anche un'opera di metodologia storiografica, pubblicata sempre dal Mulino, ebbe ancora dure critiche.
Veniamo rapidamente ad oggi. Queste polemiche storiografiche non interessano il grande pubblico e siamo in piena campagna elettorale. La sinistra ha trovato un nuovo nemico assoluto, un capro espiatorio da odiare e da liquidare: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Ma attenzione: quando poi si predica tanto odio ci saranno poi molti che vorranno praticare delle vendette. Lo vedo nei dibattiti televisivi quanto la sinistra è arrogante e altezzosa contro i moderati che vengono sempre interrotti. Se vince la sinistra forse perderemo la libertà della parola in pubblico.

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