
Chiedono che sia vietato l'utilizzo del burqa o niqab in luoghi pubblici, scuole comprese. La motivazione: il volto scoperto serve a garantire la sicurezze pubblica, sostengono. Ma chiedono anche qualcosa di più e di diverso. E cioè che venga esteso il divieto di coprire anche solo il capo con il semplice velo islamico hijab, khimar, jilbab o chador, specie nelle scuole e specie per le bambine. La motivazione in questo caso è un'altra: favorire l'integrazione delle studentesse minorenni. Sono questi i punti principali della mozione della Lega che sarà discussa con molta probabilità già nel Consiglio regionale del 4 febbraio. «La delibera - spiega la consigliera Silvia Scurati, prima firmataria - ricorda innanzitutto che la Regione Lombardia, con la delibera X/4553 del 2015, ha introdotto un divieto di accesso e permanenza in alcune sedi istituzionali a chi indossa indumenti che rendano difficile il riconoscimento del volto per fine di garantire la sicurezza pubblica, in risposta anche a minacce terroristiche e al fine di promuovere l'ordine e la convivenza civile». Con la mozione presentata ieri si impegna in prima battuta la giunta a darne attuazione e «rinnovare l'invito ai comuni per assicurarne il rispetto presso i rispettivi edifici pubblici». Ma in seconda battuta si invita il governo nazionale «a valutare l'estensione della misura a tutti gli ambienti scolastici». «Burqa e niqab sono strumenti di oppressione nei confronti delle donne che non possiamo tollerare. Purtroppo assistiamo anche a posizioni politiche un po' accondiscendenti» ha detto il capogruppo della Lega Alessandro Corbetta. «Una bambina di 6 o 7 anni deve poter frequentare le scuole al pari delle proprie compagne senza il capo velato - spiega ancora Scurati - Perché una bambina non può scegliere. È un'iniziativa per l'integrazione. Quando saranno maggiorenni poi sceglieranno, non siamo «contro». Vorremmo evitare che si verifichino casi come quello di Pordenone dove una bambina di 10 anni è stata obbligata a indossare il niqab», dice. O come quello di Cremona dove una 15enne che ora vive in una comunità protetta, ha confessato all'insegnante di essere obbligata a coprire ogni parte del suo corpo pur non volendo. «Il velo è uno strumento di sottomissione - sottolinea Scurati - Vogliamo rendere libere le ragazze». «Il burqa - ha rincarato Silvia Sardone - comporta problemi di sicurezza. Il velo islamico nelle scuole dell'infanzia e primaria non è una scelta libera e consapevole, è un simbolo di sottomissione che impedisce una vera integrazione di coloro che saranno i futuri e le future italiane». Così l'impegno per la giunta prevede anche di «monitorare l'applicazione del provvedimento, per verificare che il divieto sia applicato in modo equo e proporzionato, senza discriminazioni». Alla mozione regionale segue anche la proposta di legge nazionale illustrata dal deputato Igor Iezzi dove, tra l'altro, si chiede di introdurre il nuovo reato per chi costringe qualcuno a «occultare il volto».
Reato punito con la reclusione che diventata «ostativo per l'ottenimento della cittadinanza». Inltre sarà presentata un'interrogazione dell'europarlamentare Silvia Sardone in cui chiede alla Commissione europea se abbia intenzione di portare avanti proposte di divieto del velo.
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