Le battaglie della Poppy «genovese col sorriso»

Per gli amici, tanti, era «la Poppy», ma lei preferiva chiamarsi con quel nomignolo tuttattaccato, «Lapoppy», con cui aveva anche firmato il romanzo. Il romanzo della sua vita, che è appena finita, alla soglia dei sessant’anni, per una malattia che non perdona, mentre lei, Paola Bartoli, era ancora (come sempre) impegnata a lottare. Lei, sempre lei, che aveva cominciato a lottare fin da bambina, contro una polmonite che sembrava fatale. «Ma naturalmente - scrisse nell’autobiografia intitolata «Lapoppy, una genovese col sorriso» (2004, Liberodiscrivere) - l’ebbe vinta Lapoppy». Che continuò a lottare col mondo, per migliorarsi e migliorarlo, ma non con rabbia o rancore. No, rabbia e rancore mai, disponibilità invece sempre, nei confronti del prossimo, anche da consigliere di circoscrizione, in Bassa Valbisagno, come rappresentante di «Liguria nuova»: un’esperienza decennale, apprezzata dai colleghi e dalla gente a livello trasversale. «Si è interessata a fondo dei problemi del quartiere - ricorda il consigliere comunale Matteo Campora - Aveva grandi doti umane, grinta e un carattere per certi versi indomabile». Più che sufficiente per vincere le battaglie umane, politiche e sociali, non a sconfiggere il male. Lo sapeva anche lei, Paola «Lapoppy», anche se esorcizzava «il problema». «Hai finito il tempo» sta scritto su quelle pagine autobiografiche. Quasi un presagio. Eppure lei aveva risposto per le rime: «Il tempo della Poppy non sarebbe stato mai finito.

Il suo tempo sarebbe stato illimitato, goduto e sfruttato, rincorso e trattenuto, mai rimpianto e mai sprecato in quella che sarebbe stata la sua vita». Lei ne parlava al passato, ma chi legge ora conserva quelle parole per il futuro.

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