da Milano
Alla fine, la domanda chiave lha posta lui stesso, il presidente di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli: «Ma secondo voi, dove si colloca la strategia: nella gestione della banca o in quella degli azionisti? Secondo me nel mezzo, perché spesso la strategia si deve rivedere in funzione degli azionisti. E nella mia esperienza, dal Nuovo Banco Ambrosiano in poi, questo è avvenuto. Perciò ho maturato la convinzione dellutilità della governance duale, come quella che abbiamo realizzato in Intesa».
La platea, ieri allUniversità Bocconi, era quella della presentazione del libro di Pier Domenico Gallo, «Intesa Sanpaolo: cera una volta un fantasma inesistente». Un libro (Baldini Castoldi Dalai editore) in cui Gallo ricorda la storia del Nuovo Banco (di cui era direttore generale, con Bazoli presidente), dal 1982 alla nascita di Intesa Sanpaolo. Una storia italiana che intreccia politica, finanza e crimine e dalla quale nascono sia la grande banca privata, sia il futuro assetto del maggiore quotidiano nazionale, il Corriere della Sera.
Su questultimo punto Bazoli ha glissato, non senza ironia: «La storia delle scelte finali per la Rizzoli è tutta sulle mie spalle, ma me la tengo come riserva». Mentre ha sottolineato con forza che il fallimento del vecchio Banco e la successiva rinascita del Nuovo (osteggiata sia dal mondo laico di Mediobanca, sia da una parte della potente Dc di allora) hanno rappresentato unesperienza virtuosa e rara. «Una lezione del ripristino della legalità - ha detto Bazoli - grazie al grande merito che ebbero le autorità. A partire dal ministro Andreatta e dal governatore Ciampi, che corsero per questo grandi rischi».
E nel rivivere quei giorni «della Milano deserta dellagosto 82», poco dopo lomicidio di Roberto Calvi, Bazoli ha ricordato di avere anche temuto per la propria incolumità. Erano gli anni della P2 e «senza quello strappo (il fallimento del vecchio Banco ndr) non ci sarebbe stato riscatto. Non solo per lAmbrosiano, ma nemmeno nel Paese».
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