Bce, in cassaforte bond per oltre 110 miliardi

Comincia ad assumere proporzioni notevoli lo sforzo finanziario che la Bce sta sostenendo per tenere sotto controllo le tensioni sui debiti sovrani di Eurolandia. Ammontano ormai a oltre 110 miliardi gli acquisti complessivi di bond effettuati dall’istituto di Francoforte, dopo lo shopping durante la scorsa settimana di Btp e Bonos spagnoli per 14,3 miliardi. Il presidio dell’Eurotower, quindi, continua, anche se in misura meno pronunciata rispetto al periodo bollente tra l’8 e il 12 agosto scorsi, quando gli acquisti di titoli italiani e iberici avevano toccato i 22 miliardi. La presenza più ridotta non sembra aver avuto ripercussioni sugli spread, ben lontani dai picchi d’inizio mese (quello tra Btp e bund tedesco è sceso ieri a 282 punti base); di conseguenza, prosegue il calo dei rendimenti sui decennali e si attenuano le preoccupazioni per le possibili conseguenze sui conti pubblici.
Per il momento, l’acquisto di bond è il solo strumento anti-crisi usato dalla Bce. La fase della politica monetaria accomodante si è conclusa in aprile con il primo ritocco verso l’alto da un quarto di punto dei tassi, con l’obiettivo di contenere le spinte inflattive. La seconda stretta, decisa in luglio, ha collocato il costo del denaro all’1,5%, ma ora gli spazi per ulteriori giri di vite nella parte conclusiva dell’anno, come era nelle intenzioni del presidente, Jean-Claude Trichet, si sono decisamente assottigliati. L’economia dell’Eurozona è in frenata: le ultime previsioni Ocse collocano la crescita nell’area allo 0,2% nel secondo trimestre contro il +0,8% del primo, con la Germania in affanno (da +1,3 a +0,1), mentre l’Italia fa meglio della media (+0,3% dopo +0,1%). E le turbolenze sui mercati finanziari, certo non risolte con i rialzi di ieri (rimbalzo peraltro mancato da Francoforte), rischiano di accentuare il rallentamento, con rischi di recessione. Poi non va trascurato il crescente clima di sfiducia, testimoniato dagli oltre 100 miliardi che le banche di Eurolandia mantengono depositati presso la Bce. Il denaro, insomma, non circola. «È un segnale che stiamo prendendo molto sul serio», ha detto Juergen Starck, componente del board dell’Istituto centrale. Anche perché il fenomeno rievoca quanto accadde subito dopo il fallimento di Lehman Brothers nel 2008. Con conseguenze devastanti.
È dunque ipotizzabile che la Bce si limiti sino alla fine dell’anno a tenere monitorato il mercato dei titoli di Stato, senza toccare le leve dei tassi. Dall’altra parte dell’Atlantico, è ciò che la Federal Reserve ha già fatto con la decisione di lasciare i tassi invariati a quota zero per almeno altri due anni e mezzo. I mercati non hanno gradito. E ora sono tornati a far pressione su Ben Bernanke, capo della Banca centrale Usa, affinché torni sui propri passi annunciando venerdì prossimo a Jackson Hole, tradizionale meeting dei governatori Fed, una terza tornata di quantitative easing, cioè l’acquisto di T-bond.

Gli analisti sono però scettici: sia a causa dell’inflazione crescente (è al 3,8% annuo), sia perché l’Istituto potrebbe prima adottare come misura di sostegno un allungamento della durata del proprio portafoglio titoli.

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