Bce, Trichet: "Non c’è il rischio di una nuova recessione"

Ma in Europa va ricostituita la fiducia con riforme strutturali e tagli di bilancio. La crescita non si favorisce con l’aumento del deficit

Non bluffa, no di certo. Semmai, Jean-Claude Trichet ostenta la sicurezza del pokerista che, pur sapendo di avere in mano carte complicate, non teme di doversi alzare dal tavolo sconfitto. Domanda: c’è il rischio di una nuova recessione, Monsieur le president? Risposta: «Non lo credo per niente». Tanta convinzione, espressa da un uomo solitamente prudente come il capo della Bce, merita rispetto e non può essere liquidata come una boutade da solleone. Anche se quelle parole suonano un po’ come il classico gessetto passato maldestramente sulla lavagna: stridono sia rispetto alle preoccupazioni di Fitch su un nuovo scivolamento nella crisi, sia ai timori manifestati dai mercati finanziari sullo stato di salute dell’economia globale e, in particolare, di Stati Uniti e Cina.
Allarmi e dubbi non condivisi ai piani alti dell’Eurotower. Dopo la frase a effetto, Trichet precisa, analizza, suggerisce percorsi per affrontare al meglio tutte le aree di criticità. Senza dimenticare che giusto tre anni fa si spalancò il baratro di una crisi «universale», «imprevedibile», con «cifre al di là dell’immaginabile» e che ancora «molto resta da fare sotto il profilo della regolamentazione finanziaria» e «sulla riduzione degli squilibri mondiali», oggi, dice il leader dell’Istituto di Francoforte davanti alla platea delle Rencontres economiques di Aix-en-Provence, si vedono chiari segnali di ripresa provenire non solo dalle economie emergenti, ma anche dal mondo industrializzato. In quest’area, però, permane un deficit di fiducia tra famiglie, imprese, investitori e risparmiatori. Un brutto nodo: senza un rafforzamento dell’ottimismo, è difficile consolidare la recovery. Come fare, allora? Trichet è perfettamente allineato al pensiero forte europeo (ma forse sarebbe meglio dire tedesco) e in aperto contrasto con la ricetta dell’amministrazione Obama: «Rafforzare la fiducia significa avere politiche di bilancio che siano equilibrate e sostenibili. Non sono d’accordo con l’idea di accrescere i disavanzi per favorire la crescita». Insomma: linea dura contro gli sprechi per favorire il rigore dei conti pubblici, sì a quell’austerità considerata durante l’ultimo G8 dal Cancelliere tedesco, Angela Merkel, la stella polare per tenere i guai fuori dalla porta. «Chiamatela come volete - ha detto il numero uno della Banca centrale - io la chiamo buona gestione del budget». È quindi indispensabile un rafforzamento della vigilanza sui bilanci, da considerare assolutamente prioritario rispetto a eventuali modifiche del Trattato, e l’inasprimento di sanzioni - da rendere quasi automatiche - per i Paesi che sgarrano dal processo di riequilibrio delle finanze pubbliche.
Tutti punti fermi che Trichet ripete da tempo, quasi come un mantra. Tra questi, anche l’aperta contrarietà verso l’ipotesi di un grande fondo europeo garantito dall’Unione su cui - ribadisce - «non ho a priori alcuna posizione favorevole».
Servono, invece, riforme strutturali: «Non penso che l’Europa corra il rischio di essere messa da parte nell’economia mondiale, ma certo dipende dagli europei, serve che elaborino politiche appropriate, in particolare riforme strutturali che aumentino il potenziale di crescita».

Trichet è inoltre convinto che un’iniezione di fiducia arriverà dai risultati degli stress test, la cui diffusione - secondo quanto annunciato ieri dal ministro francese delle Finanze, Christine Lagarde - è prevista il prossimo 23 luglio.

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