Nostro inviato ad Ancona
Eccolo lì che spunta nel buio: Eros Ramazzotti inizia di nuovo il suo tour mondiale qui al PalaRossini di Ancona e lo fa tra il chiaro e lo scuro, suonando il piano in un brano che lo rappresenta bene: Lequilibrista. Per tutte le altre ventitré canzoni, camminerà sul filo per non cadere in tentazione di qua o di là e non diventare troppo patinato o troppo ruspante. Il palco è americano in senso buono, largo ma non sterminato, controllato da un megaschermo e ogni tanto nobilitato dal «See through», il tipo di schermo giapponese che per la prima volta arriva in Europa: un sottilissimo pannello che dà la sensazione di «guardare attraverso». Lo userà poco, Ramazzotti, perché è molto più impegnato a inseguire le tre fasi del suo show: la musica (le prime dieci canzoni con Dove cè musica fino a Musica è); lamore (da LAurora fino a Unemozione per sempre) e infine la vita, da Cose della vita fino alla chiusura con Lombra del gigante, inspiegabilmente ultima. Ramazzotti è il solito: è il pubblico, entusiasta come un adolescente, a dargli il ritmo, a coccolarlo o a imporgli la sveglia in un rito che lui conosce bene e che rischierebbe di confinarlo alla routine.
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