Una bellezza malinconica da cercare con pazienza

Quattrocento anni fa, nel 1609, apriva al pubblico la Biblioteca Ambrosiana (una tra le primissime in Europa), creatura del cardinale Federico Borromeo che la pensò fin dall'inizio come parte di un grande complesso culturale che comprendesse Collegio, Accademia artistica e Pinacoteca. L'ambizione era quella di condurre Milano a rivaleggiare con Roma, dove cinque anni prima era stata inaugurata l'Angelica, e a rappresentare un polo culturale all'altezza delle ricerche storico-erudite che allora fiorivano nelle scuole del Nord Europa. Un progetto ben illustrato nel trattatello De educandis ingeniis, che Federico dedicò ai Conservatori del Collegio Ambrosiano e che oggi è proposto in prima edizione assoluta da Nomos (160 pagg., 17,50 euro). Oltre alla fedele riproduzione del manoscritto, l'edizione comprende la trascrizione integrale e un commento con testi anche in inglese. A questo libello, che data 1624, Federico affidò il compito di raccogliere le norme per la scelta e la raccolta di volumi destinati alla grande istituzione milanese. Non solo, si parla anche di uomini: gli ingenia di cui si auspica l'educazione altri non sono che gli allievi più promettenti del Collegio, che dovevano essere selezionati per rinfoltire le schiere dei Dottori. Tutta la prima parte dell'opera descrive con precisione le attenzioni che i Conservatori avrebbero dovuto adottare nella cura dei giovani talenti. Sin da subito era necessario intravedere in ciascuno la predisposizione per una particolare disciplina, quindi accudirne con sensibilità e pazienza la progressiva maturazione. Doppiato lo scoglio di una penna che a dirla tutta non brilla per virtù creativa, inciampando a tratti nella pedanteria, si incontrano ben presto lezioni valide anche per l'uomo d’oggi, a cominciare dall'insofferenza di Borromeo per tutto ciò che esprime leggerezza, volubilità, urgenza di arrivare e apparire. Ben più importanti delle fantasie smodate sono la costanza e l'amore per la fatica: in labore fructus, si diceva. E ancora: l'apertura alla cooperazione fra i sapienti, uniti idealmente nella res publica litteraria, comunità sovranazionale dei dotti europei.

Spiegando come il dialogo sia altrettanto istruttivo della consultazione dei libri, il cardinale dà una stoccata alla visione medievale del sapiente chiuso nel silenzio del suo monastero: si annuncia una visione moderna del sapere come traguardo collettivo e comune al genere umano.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica