Baruffa tra americani e inglesi per il figlio di Benazir Bhutto. Il Times e il Daily Mail londinesi sbattono in prima pagina il blog, o meglio il Facebook (una rete sociale nata nel 2004 su idea di Mark Zuckerberg, studente di Harvard, per mettere in comunicazione internet studenti di licei e università di tutto il mondo e che conta oltre 60 milioni di utenti), dunque il profilo di Bilawal Bhutto, diciannovenne neopresidente del partito popolare pachistano, eletto a sorpresa dopo l’assassinio della madre Benazir. Il New York Times definisce un falso quel facebook e tutto quanto risulterebbe detto o annunciato da Bhutto sullo stesso sito mentre invece andrebbe attribuito a un altro Bilawal, non Bhutto ma Lawalib.
Ma quest’ultimo cognome altro non sarebbe che Bilawal letto allo specchio, palindromo scherzoso utilizzato dallo stesso studente a Oxford. Roba da carnevale anticipato. Infatti la polemica viene corredata da una fotografia dello stesso erede mascherato da diavolo, truccato con tanto di corna e di make up sanguinario, l’immagine risalirebbe alla recente festa di halloween e sarebbe stata scattata da un amico di Bilawal che poi avrebbe provveduto a metterla in circuito.
Ci sarebbe poco da stare allegri, non tanto per l’espressione infernale del soggetto, al cui fianco si intravvede, opportunamente «velato», il volto di una girl bionda, quanto per i fatti recenti, l’omicidio della madre, le violenze in tutto il Paese, la stessa partenza di Bilawal, insieme con le sorelle Bakhtawar e Aseefa dall’aeroporto di Sukkur per una destinazione ignota, forse l’Inghilterra, forse il Dubai, terre che per otto anni l’hanno visto «pendolare» in esilio con la madre Benazir.
Ma al di là delle battaglie e gli scoop tra i fogli di New York e di Londra e i siti più o meno fasulli, c’è un aspetto che sta montando in queste ore, le stesse che ancora ripropongono le immagini drammatiche dell’assassinio di Benazir, i filmati amatoriali, le fotografie che precedono gli spari, che inquadrano i killer, che sconfessano le tesi goffe del governo. Un aspetto che sta lanciando proprio il figlio di Benazir nel circo gossipparo, mondano e mondiale.
Bilawal Bhutto sta diventando l’icona del Pakistan, non per la sua nomina alla presidenza del partito che venne fondato da suo nonno, ma per la bellezza del suo viso e del suo corpo e per le arti che le accompagnano. Bilawal dalle nostre parti sarebbe un tronista esemplare, sta facendo impazzire le giovani pachistane e così farebbe con le nostre veline e sciampiste: porta occhiali da studente studioso (università di Oxford, facoltà di Storia, in attesa di laurea), indossa abiti eleganti, di stile e confezione tipicamente pachistana, è cintura nera di taekwondo, vanta buone prestazioni nel nuoto, nel tiro al poligono con il fucile e la pistola, nell’equitazione e nello squash, per colpa dell’esilio ha dovuto stare lontano dal cricket che in Pakistan è come il calcio per noi campioni del mondo. Insomma è un sex symbol con tutti gli annessi e connessi, potere, fascino, mistero, dramma. Le ragazze da Islamabad a Karachi a Lahore gli hanno già dedicato messaggi amorosi, i forum registrano l’esaurito di pizzini, nessuno tocchi Bilawal, giù le mani dal nostro presidente, appelli non certo di sostanza politica ma di struscio sentimentale.
Ma BB non è tutto palestra e campo di gioco: fatta eccezione per il party in maschera, sembra che il neo presidente del PPP passi le serate da casalingo, non disperato, davanti al televisore per non perdere una sola puntata dei telefilm di vampiri Buffy e lo stesso per il serial West Wings che si svolge a Washington e tratta dello staff della Casa Bianca. Sempre secondo i biografi di giornata Bilawal andrebbe pazzo per i film pulp di Tarantino, non disdegnerebbe i cartoons dei Simpson, insomma è un bamboccione che si ritrova addosso l’eredità pesantissima di una madre, di un partito, di un Paese.
I suoi amici, fiancheggiatori, sostenitori temono che questo sviluppo modaiolo tenda a distruggerne l’immagine, a screditarlo agli occhi dei pachistani e del resto del mondo, lo stesso Bilawal ha detto di non sentirsi pronto, di essere ancora nel tempo delle mele, quando si fanno domande e non si danno risposte. Ma ha anche aggiunto, dopo la morte di Benazir Bhutto: «Mia madre mi ha insegnato che la democrazia è la migliore vendetta». Sembra pronto per incominciare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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