Il bello in mostra a villa San Carlo Borromeo

Il bello in mostra a villa San Carlo Borromeo

Una notte di San Lorenzo dedicata all’arte e alla cultura. Questo quanto offre oggi Villa San Carlo Borromeo di Senago (info: www.villasancarloborromeo.com, 02-994741), dimora storica appartenuta ai Borromeo fin dal XVI secolo, ma frequentata da uomini «di ingegno e di lettere», come Leonardo da Vinci, Diderot, Stendhal, Manzoni, Ionesco e Borges. Un luogo dove si respira cultura da sempre, non a caso la villa è il quartier generale della casa editrice Spirali che due volte l’anno organizza il suo «Festival della modernità», e in ogni angolo: dagli interni dove capeggiano dai ritratti dei cardinali alle tele di Chagall e Monet, alle statue di Anikushin, al parco, profumato di essenze tipiche locali scomparse da tempo. Tra ginko biloba, gelsi, cedri e magnolie fanno capolino enormi statue di terracotta, disegnate da Ferdinando Ambrosino, artista napoletano di fama internazionale.
Ma il pezzo forte della «notte dei desideri» è la mostra «Il bello, l’arte, la scrittura. L’Europa, la Russia, la Cina, il Giappone»: un’occasione per fare il giro del mondo a bordo di capolavori della storia dell’arte. Dalle poesie su tela di Vincenzo Accame, autore del manifesto della «Nuova Scrittura» a Mimmo Rotella e al suo predecessore Enzo Nasso, che portano il collage sulla tela, da Alberto Bragaglia a Antonio Vacca. Da Kazimir Malevic a Lyssenko, i russi della dissidenza, ma non solo, con cui la casa editrice Spirali ha, fin dalla nascita, uno stretto rapporto (Armando Verdiglione, il fondatore, pubblica dagli anni ’70 i dissidenti sovietici censurati come Bukovskji, Zinov’ev e Suvorov), passando per Yu Ichi e Yi lao.
«Le opere convocate in questa mostra - scrive Verdiglione - dicono della modernità dell’avvenire e del rinascimento, sempre secondo, cioè originario.

E si trovano in un viaggio intellettuale, che qualifica la città planetaria, fra l’Europa, la Russia, la Cina e il Giappone. Assoluta è la scommessa. Assoluto il piacere con cui la scrittura giunge alla fine della nostra vita».

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