Roma - Il genetista Jim Watson non ha fatto in tempo a sconvolgere il mondo con la sua affermazione sulla (presunta) superiorità dei bianchi, rispetto ai neri che Monica Bellucci, l'unica mora in grado di far lievitare le vendite dei giornali, se in copertina, irrompe con la sua nuova biondezza sulla scena mediatica. Nel ruolo di Manouche («vuol dire zingara», sospira lei) è protagonista del noir di Alain Corneau, ieri apripista alla Festa del Cinema, trovandosi del tutto a suo agio come pupa del gangster Daniel Auteuil, protetta da un guardaspalle ex-calciatore (Eric Cantona). Elegante quando scavalca i morti, ammazzati nel suo locale, scivolando via nel cappottino di astrakan grigio; sensuale, quando bacia il suo Gu, dopo la di lui fuga dal carcere («Auteuil m'ha detto che è stato il suo miglior bacio cinematografico», commenta la diva); decisionista, mentre guarda al nuovo boss della sua vita (Jacques Dutronc), sempre portando smilzi impermeabili in lucido cirè, o ancheggiando nelle gonnelle a stampa floreale, la nuova Marianna d'Oltralpe punta tutto sull'acqua ossigenata.
Cara Monica Bellucci, come
ha scelto questo ruolo da
donna del gangster?
«Quando ho letto la sceneggiatura,
pensando subito che
il mio personaggio doveva essere
biondo,mi è piaciuta immediatamente.
C'erano gli
anni Sessanta di mezzo e si
trattava di realizzare un remake,
dal film di Melville Tutte
le ore feriscono... l'ultima
uccide, delineando una donna
sensuale e all'antica, con
valori diversi dagli attuali.
Nessun rischio: lavorare con
Corneau equivale ad andare
sul sicuro».
La sua Manouche è una donna
d'altri tempi?
«È una donna carnale come
oggi non ne esistono più:
pronta a proteggere, fisicamente,
il suo uomo. E disposta
a passare molto tempo a
indossare lo “stringitaglie”,
il bustino, il reggiseno per ottenere
un seno bene appuntito.
Oggi, noi donne lavoriamo
troppo, forse non abbiamo
tempo neanche per i nostri
figli e, godendo d'una certa
liberazione, mettiamo i
jeans e via, andiamo di corsa
e non abbiamo bisogno di un
uomo, che ci difenda. Magari,
siamo disposte a proteggerlo
noi, ma solo psicologicamente».
Parliamo del suo nuovo
look: come ci si sente, da finta
bionda?
«Bene, ma occhio: la radice
dei capelli è volutamente nera,
per significare la superficialità
del biondo, che simboleggia
l'essere tranquilli, eleganti.
Mentre la radice nera,
rimanda alla mia vera natura
di gitana selvaggia. Per la
mia parte, mi sono ispirata a
tutte le bionde del mondo: la
Bardot, la Deneuve, la Signoret,
che all'epoca di Melville
avrebbe dovuto
fare Manouche.
Del resto, anche
Lauren Bacall
era bionda, accanto
a Bogart.
Mi sono fatta
bionda, per simulare
un'apparenza
borghese,
che poi, di fatto,
non ho: la mia
Manouche è figlia
della strada
e della morte. Infatti,
non ha figli.
È solo una
bionda perturbante,
al centro
d'una storia tutta
maschile. Proprio
come nel romanzo di José
Giovanni, del 1958».
Vivendo per lo più in Francia,
come guarda al cinema
italiano contemporaneo?
«In Francia si girano duecento
film l'anno, in Italia venti...
Credo che il problema del cinema
italiano sia di natura
politico-economica. E poi,
sembra che agli italiani piaccia
parlar male del proprio
paese... Io, quasi mi vergogno,
per quanto sono fortunata:
ho saldi valori familiari,
giro con i migliori registi e
spero che tutto questo non finisca
mai».
Progetti futuri?
«Sarò una prostituta, che allatta
i suoi clienti, per fornire
loro una singolare forma di
sesso, nel film Shoot'em up (a
gennaio nelle sale): è una sorta
di cartone animato,
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