Belmondo trova nei carruggi la Lollobrigida e la fortuna

MARE MATTO (Ita-Fra 1963) di Renato Castellani con Jean Paul Belmondo, Gina Lollobrigida, Odoardo Spadaro, Tomas Milian -103"

Il furbesco «livornese» Jean Paul Belmondo, marinaio spiantato dalle vesti lacere, trova l'America a… Genova. Non è cosa da tutti entrare nottetempo, di nascosto, in una miserrima pensione dei carruggi («250 lire più gli extra») e ritrovarsi da lì a poco mantenuto, sfamato e sollazzato nella «camera buona» dalle sontuosità della bella padrona Margherita (una insolita Gina Lollobrigida). Invidiarlo è il minimo. Ne uscirà pure in un lussuoso gessato blu. Il finalese Renato Castellani («due soldi di speranza», «Giulietta e Romeo», «Giuseppe Verdi» per la TV), regista simbolo del cosiddetto «neorealismo rosa», aveva in mente un grande affresco sulla dura vita della gente di mare: 14 episodi generati da quattro mesi d'inchiesta tra Mar Ligure, Tirreno e Mar di Sicilia, contrabbandieri del golfo di Napoli e uffici di Collocamento dei marinai. Il produttore Rizzoli si tirò indietro e il film toccò a Cristaldi, che lo tagliò senza pietà: quattro soli episodi ambientati tra Genova, Livorno e Messina. Così «ridotto» il film funziona a sprazzi, risulta ibrido, frammentario, discontinuo. «Mi disamorai del cinema» (Castellani). Fu un mezzo fallimento (115° negli incassi della stagione, maltrattato al festival di Venezia). L'idea però c'era: il protagonista di un episodio diventa comprimario e comparsa negli altri.
Si parte dalla nostra città (quasi tutto fu girato a Caricamento): nel bel b/n di Toni Secchi appaiono il porto (visto anche dal mare), Via Pré, i vicoli; il finale mostra il ponte di Sori e la Casa di riposo del marinaio a Camogli. Della storia originaria, oltre alle fortune del «livornese» ed alle vicende del siciliano Benedetto (P. Morgia), costretto a rincorrere i fidanzati delle (sei!) sorelle, restano le peripezie di un vecchio lupo di mare, scellerato e spendaccione e dei suoi quattro figli disperati: «Perché non ci hai fatto studiare invece di finire i quattrini con le troie?». È la parte migliore. Il Drudo Parenti di O. Spadaro a fine carriera («Miss Italia», «Divorzio all'italiana»), alla distanza arpiona il film. Nell'episodio conclusivo (una partita di vini da trasportare a Genova via mare) il terribile vecchietto causa oltre un milione di danni. Finirà nell'ospizio rivierasco ad assillarne i poveri ospiti. «Voi siete un babbo da eutanasia, se invece di portarvi qui vi s'ammazzava ci assolvevano!».
Belmondo, magrissimo, è una smorfia continua (ricorda… Celentano!). Viene ricordato come un buontempone che riempì la troupe di scherzi. Nel cast anche Lamberto Maggiorani («Achtung! Banditi!», «Ladri di biciclette») e la pasoliniana Rossana Di Rocco (l'amica di Ninetto in «Uccellacci e uccellini»). Le cose più interessanti sono la sequenza in piazza Banchi e l'inizio, con il vagare e le riflessioni di un giovane Tomas Milian («motorista di prima classe Trombetti Efisio») tra vicoli scuri, prostitute, negozi di scarpe, scout, carabinieri, i negozietti di Sottoripa, i bar, la bionda che balla e sorride, altri marinai: è l'angiporto in sintesi mirata. Resta nella memoria una monumentale e prorompente Lollobrigida, distesa languida sul letto, fasciata in una sottoveste che lascia intravedere il confine delle calze, con una spallina abbassata.

Morde a sangue Belmondo sulla spalla: «Ho voluto che anche a te ti restasse un segno. E questo ti resta, come il segno che hai lasciato a me e che mi resta». «Ah, che gran donna che sei» risponde lui. Siamo tutti d'accordo. Non disponibile attualmente, noleggiabile in videoteche specializzate.

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