«Ben fatto, Dio vi ringrazi». Mentre la Procura milanese lavora a ritmi serrati all’inchiesta sull’attentato di lunedì scorso alla caserma Perrucchetti, il mondo dell’estremismo islamico fa il tifo per gli autori dell’impresa: Mohamed Game, che è ancora in ospedale, Mahmoud Kol e Imbaeya Israfel, che invece verranno nuovamente interrogati oggi a San Vittore e poi trasferiti in un carcere di massima sicurezza.
A sette giorni dal botto che ha scosso Milano, ancora nessuno è in grado di dire seriamente se ci si trova di fronte ad una cellula terrorista spontanea o ad un commando ispirato e manovrato da lontano. Ma quel che è certo è che l’impresa di Game e dei suoi presunti complici sta suscitando approvazione e solidarietà tra i simpatizzanti della jihad sparsi nel mondo arabo. I tre bombaroli al nitrato, insomma, non sono soli.
Nonostante i mass media arabi abbiano dato ben poco risalto all’attentato di Milano, sui blog dell’area jihadista sono sbocciati numerosi messaggi a sostegno dei suoi autori. «Bel lavoro, Dio vi ricompenserà», scrive - sotto il nome di Abdelaziz l’Algerino - un utente di un sito collegato ad Al Qaeda. E aggiunge: «Che grandi uomini sono quelli che camminano accompagnati dal loro Dio». Molti messaggi pretendono che Mohamed Game sia immediatamente rilasciato, nonostante si tratti di una prospettiva assai improbabile. Uno dei supporter si presenta come un seguace di Sheikh al-Maqdisi, l’imam giordano legato al defunto leader di Al Qaeda in Iraq, Abu Musab Al Zarqawi: «Chiedo a Dio di proteggere il nostro fratello e di liberarlo dal carcere. Signore, colpisci i tiranni arabi egli stranieri».
«I Crociati hanno ucciso le nostre sorelle», scrive tale al-Muhajir al-Falluji, invocando la scarcerazione di Game. E un sedicente Abdel Rahman al-Nasir manda all’attentatore libico questo messaggio via web: «Possa Dio liberare te e sollevare me stesso dalla mia inattività». Non sono messaggi che dimostrano il collegamento operativo dei tre arrestati milanesi con la rete internazionale della jihad. Ma raccontano di quanto un gesto potenzialmente devastante come quello di martedì mattina possa risultare «popolare» negli ambienti del fanatismo islamico e di come rischi di scatenare fenomeni di emulazione.
Anche questi pericoli faranno inevitabilmente parte degli scenari che verranno disegnati oggi pomeriggio in Prefettura, nel vertice alla presenza del ministro degli Interni, Roberto Maroni. Alla riunione del Comitato provinciale per la sicurezza parteciperanno anche il sindaco Moratti e il presidente della provincia Podestà. Tutti si attendono da Maroni un quadro finalmente chiaro - dopo il valzer di dichiarazioni contrastanti venuti dalle autorità nelle ore successive all’esplosione - degli elementi emersi finora: anche senza entrare nel dettaglio delle indagini, sulle quali la Procura ha imposto il black out totale con un provvedimento del procuratore aggiunto Armando Spataro.
Ma quanto è già emerso sulla personalità del principale protagonista dell’attentato, il mancato suicida Mohamed Game, è possibile che abbia il suo peso su un altro punto all’ordine del giorno: il futuro della moschea milanese di viale Jenner, che da tempo afferma nelle dichiarazioni ufficiali la sua distanza dalle tentazioni terroriste e che per l’ennesima volta dimostra nella pratica di costituire punto di riferimento per i manovali della guerra santa all’Occidente.
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