«Bene le famiglie, ma l’Italia non corre ancora»

Le famiglie hanno pochi debiti e mantengono un alto tasso di risparmio, mentre il settore immobiliare ha sostanzialmente retto l’onda d’urto della crisi. Questi due punti di forza stanno aiutando l’Italia a uscire dalla recessione, ma non hanno sufficiente robustezza per controbilanciare la bassa produttività e il deterioramento della competitività estera. Muovendo da queste valutazioni, Standard & Poor’s arriva alla conclusione che il nostro Paese dovrà rassegnarsi a una crescita flebile sia quest’anno, sia il prossimo. Per il 2010, l’agenzia di rating ha infatti leggermente limato al ribasso la propria stima dallo 0,7% precedente allo 0,5%; la previsione 2001 indica invece uno sviluppo dell’1%, un punto secco sotto quella governativa presentata dal ministro Giulio Tremonti nell’ultimo aggiornamento al Programma di stabilità.
Secondo S&P, l’Italia è del resto costretta a muoversi lungo un binario a senso unico. L’alto debito pubblico, destinato a raggiungere il 119% del Pil con una spesa per interessi che supera il 10%, non consente al governo spazi di manovra. Se è vero che la saldezza nel mantenere il più possibile sotto controllo la spesa ha permesso alla penisola di evitare di finire impallinata dai mercati come la Grecia, è altrettanto vero che «la crescita economica - si legge nell’analisi - dipenderà quasi esclusivamente dal settore privato, in particolare consumi, investimenti e commercio estero». La recente svalutazione dell’euro non darà però l’ossigeno di cui il nostro export ha bisogno per dimenticare un biennio difficile. Ciò che ancora manca (ma su questo S&P non si sofferma) è una forte domanda internazionale da parte dei mercati emergenti e statunitense, oltre naturalmente a quello europeo. In generale, l’agenzia Usa invoca per il nostro tessuto imprenditoriale riforme strutturali in grado di aumentare produttività e competitività, «particolarmente importanti quando le economie sviluppate entrano in un nuovo ciclo economico come sta accadendo ora». Più tranquilla appare la situazione del mattone, dove i prezzi accuseranno un calo quest’anno tra il 3 e il 5%. Questa tenuta è dovuta all’assenza negli anni scorsi di un boom immobiliare forte come invece è accaduto in altri Paesi.
Quanto al settore privato, nonostante un indebitamento assolutamente sotto controllo (a fine 2009 era al 41% del Pil a fronte di una media del 64% per l’area euro) e un’abitudine al risparmio mai venuta meno, i consumi risultano ancora «depressi» dopo il calo dell’1,9% nel 2009. Il motivo, sottolinea il rapporto, è riconducibile alla perdita di potere d’acquisto accusata negli ultimi tre anni.

Certamente ha condizionato le scelte d’acquisto anche l’8,5% di disoccupati (a febbraio 2010), un tasso inferiore al 9,6% medio della Ue e al 10% dell’area euro, anche se «la cifra sale dell’1,5% se si aggiungono i lavoratori in cassa integrazione».

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