BENEDETTE SMENTITE

L’evento ecclesiastico di ieri, per la stampa italiana, sono state le preoccupazioni espresse dal vescovo di Lodi all'assemblea della Cei circa le conseguenze della riforma costituzionale. Sui giornali sembrava che, nella Conferenza episcopale, fosse avvenuto un cambio di direzione politica: le critiche in materia di sanità parevano quelle dell'opposizione. Ma l'intervento successivo del cardinale Ruini ha fatto immediata chiarezza, affermando che la Chiesa lascerà libertà di coscienza al referendum confermativo. Ed ha anche affrontato un altro argomento controverso: la proposta del ministro della Salute, Francesco Storace, di inviare volontari anti-abortisti nei consultori, per applicare la parte della 194 dedicata alla prevenzione dell'aborto. Poiché il vescovo di Lodi aveva parlato di unità nazionale, il cardinale ha detto che sottolineare il valore dell'unità nazionale non deve essere «trasformato in giudizio politico a favore dell'uno o dell'altro schieramento». La stampa italiana è stata sconfessata, e il cardinale Ruini intendeva fare, con così netto intervento, proprio questo: una vera guerra lampo nello zibaldone delle interpretazioni apparse sui giornali e alla tv. Non si può negare che il cardinale abbia le idee chiare sulla realtà della politica italiana e le manifesti con grande determinazione. Ora la stampa che dirà, che Ruini ha scelto il centrodestra? Il politicamente corretto della stampa italiana benedice la Chiesa solo se si schiera a sinistra. Perché non notare che, se anche la sinistra fa oggi discorsi filo-cattolici, è perché c'è stato un forte voto al centrodestra, dopo che era così gravemente fallita la politica di unità dei cattolici attorno alla Democrazia cristiana, e si era giunti quasi a un regime creato dai giudici e dalla sinistra? Il cardinale Ruini ha memoria.
In realtà, proprio quello che il vescovo di Lodi chiede è espressamente tutelato dalla riforma costituzionale del centrodestra, mentre non era tutelato dalla riforma varata, nel 2001, dal centrosinistra. La legislazione del centrosinistra, che era tesa a influenzare il voto leghista, aveva introdotto una frammentazione delle competenze tra Stato e Regioni mediante il concetto di legislazione concorrente. Ciò aveva fatto sì che ogni legge dello Stato potesse essere impugnata dalle Regioni davanti alla Corte Costituzionale, facendo di essa una terza Camera. La riforma Bassanini aveva indebolito la dimensione statale della tutela della salute, addirittura abolendo il ministero della Sanità, degradato a un sottosegretariato per il ministero degli Affari sociali. Il governo Berlusconi ha reintrodotto il ministero della Salute, che è ora diretto con efficacia dal ministro Storace. Ha cioè stabilito che il diritto alla salute è tutelato direttamente dal governo centrale. È lo Stato e quindi il governo centrale che ha la primaria responsabilità della garanzia dei diritti costituzionali e quindi della tutela dell'omogeneità dei diritti su tutto il territorio nazionale.
La riforma, accusata di fare dell'Italia uno spezzatino, ha riportato fondamentali competenze dello Stato (dall'energia alle comunicazioni, ai trasporti, alla produzione, alle grandi opere, alle professioni) al potere centrale. Il vescovo di Lodi conosceva il testo della riforma? Le sue preoccupazioni sono state colmate dalla riforma votata da questo Parlamento.

Basti citare, a conferma di quanto detto, l'affermazione di Augusto Barbera, giurista ed ex deputato Pci e poi Ds: «È paradossale, ma bisogna riconoscere che è toccato a un ministro leghista come Roberto Calderoli rimediare ai pericoli per l'unità nazionale del federalismo sgangherato del Titolo V dell'Ulivo».

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