Politica

Beni culturali, il balletto delle nomine senza (lieto) fine

Irregolarità nei concorsi per i dirigenti archeologi voluti da Rutelli e dai suoi predecessori: gli "esclusi" fanno ricorso, e dopo anni il Tar del Lazio dà loro ragione. Ma la "prassi" fa diventare definitive nomine palesemente illegittime

Ancora acque agitate in via del Collegio romano, sede del ministero dei Beni culturali di Sandro Bondi. Il progetto di rassetto del Ministero, deciso dalla Finanziaria di luglio (il 18 dicembre il Consiglio dei ministri ha approvato il regolamento), è soltanto ai primi passi. In attesa del vaglio delle commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato. Ma a suscitare il classico corredo di malignità da corridoio sono soprattutto certe eredità lasciate dai predecessori di Bondi, primo fra tutti Francesco Rutelli. Le sue nomine dirigenziali, in un Ministero spesso imballato e a corto di idee (oltre che di iniziativa) sono già state molto criticate, e alcune addirittura già sospese dal Consiglio di Stato. Purtroppo non si è trattato di semplici incidenti di percorso, ma di una prassi divenuta costante, fatta di favori e di «irregolarità» tali da suscitare prima l’ira degli esclusi, poi i ricorsi alla magistratura e dunque le inevitabili successive pronunce di sospensione o annullamento. Così, con una sentenza dello scorso 27 ottobre, il Tar del Lazio ha annullato la nomina di alcuni funzionari archeologi perché il concorso per la loro assunzione si era svolto in modo del tutto irregolare. La circostanza più spiacevole, però, è che i funzionari erano stati nominati addirittura dieci anni fa (governo Prodi), nonostante a quel tempo i candidati esclusi avessero chiesto di verificare prima la regolarità del concorso. Approfittando dei tempi lunghi della giustizia amministrativa, purtroppo il Ministero aveva deciso di procedere con le nomine, che ora si sono rivelate illegittime. Inutile dire che il terremoto causato dalla sentenza poteva essere evitato se il Tar fosse riuscito a pronunciarsi in modo più tempestivo, o se il Ministero avesse tenuto conto dei palesi rilievi degli esclusi, facendo un passo indietro e bloccando le nomine. Come detto, questo caso eclatante non è un'eccezione. L'ultimo episodio, ancora più recente, risale al 2007, quando l’allora ministro Rutelli aveva bandito un concorso per altri dieci posti da dirigente archeologo. All'atto della sua pubblicazione il bando era già talmente pasticciato da indurre il Ministero, incalzato dai ricorsi, a correggerlo con un'integrazione. Ma il concorso, anche in questo caso, è comunque andato avanti e alle irregolarità del bando si sono aggiunte quelle, altrettanto gravi, della procedura adottata. Come la scelta di determinati commissari che - per legge - non avrebbero potuto né dovuto essere nominati; votazioni attribuite in modo non trasparente; sospetti fondati di favoritismi a vantaggio di alcuni candidati che sono poi risultati vincitori; commissari che si assentavano durante la correzione delle prove scritte, ma ufficialmente risultavano presenti. Insomma: tutta una serie di irregolarità gravi, tali da annullare la validità del concorso. Nonostante ciò il concorso è stato portato a termine e recentemente sono stati addirittura nominati i «vincitori». Ovviamente, date le premesse, era naturale che i candidati esclusi sollevassero immediatamente la questione chiedendo l'annullamento del concorso. Ancora una volta il Ministero ha fatto finta di nulla e ha scaricato la soluzione del problema sul Tar e sui suoi tempi da lumaca. Campa cavallo. È evidente che in questa situazione finirà per riprodursi nuovamente il caso già descritto: in attesa del pronunciamento del Tar i vincitori saranno tranquillamente insediati sulle poltronissime, salvo poi scoprire, tra qualche anno, che la loro nomina è nulla. La cosa non sarebbe neppure così preoccupante se queste incongruenze burocratiche, pur biasimevoli, non nascondessero un rischio ancor più grave. Quello di costituire un raffinato quanto apparentemente incolpevole stratagemma per eludere la legge. Difatti, approfittando della lentezza delle procedure amministrative, dei ricorsi e dei contro ricorsi, è possibile così facendo superare ogni ostacolo legale e mandare avanti un concorso anche se truccato, facendolo vincere a chi si vuole, magari ad «amici» dei commissari o a persone legate a questo o a quel personaggio importante. Oltretutto, un tardivo annullamento da parte del Tar o del Consiglio di Stato sarebbe inutile, perché i cosiddetti «vincitori» rimarrebbero comunque in carica grazie a qualche «sanatoria» o all'inevitabile protrarsi per anni ed anni delle controversie legali.

Il tutto in barba dei richiami del presidente della Repubblica sull'urgenza di moralizzare i concorsi pubblici e alla faccia dei tentativi del ministro Brunetta di «raddrizzare» la Pubblica amministrazione.

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