nostro inviato a Appiano Gentile
L’ultima risposta è quella che vale. La prima è quella che serve. Nel mezzo il futuro dell’Inter. «Che mi serve arrabbiata», dice Benitez per far intendere che non è allenatore da salotto. L’ultima replica tocca il re delle gags, al secolo Mourinho. Quello, con stantia ripetitività, cerca l’exploit e se ne va da una conferenza stampa in Francia. E Benitez che farebbe? «Macchè, bisogna stare rilassati, c’è tempo: se volete resto ancora», replica con il sorrisone da Orso Yoghi. Si, la battaglia più difficile è proprio questa: staccare se stesso e l’Inter da quell’appiccicoso ficcanaso che sta a Madrid. Benitez ci prova con l’ironia. Non ancora con i risultati. I giocatori ci sono riusciti a modo loro, che non sempre è il migliore: l’anno scorso, tutti contro Balotelli quando Mou alzava il sopracciglio. Ora tutti con il compagno (Chivu) quando si sfoga contro le strategie tattiche del tecnico. La prima risposta fotografa la realtà sulla carta. «Inter in crisi? Ho l’abitudine di guardare la classifica e vedo che siamo primi in campionato, in Champions e a Roma avremmo vinto 99 su cento».
Solita storia: bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Ma questa è l’Inter che stasera se la gioca con il Werder, ha tanta voglia di gol, necessità di vincere per evitare complicazioni europee, un po’ di nervi tesi, qualche giocatore (Sneijder) che si agita nelle sabbie mobili, un modulo da rivedere e spettacolari recuperi dall’infermeria. Pandev e Milito ne sono l’esempio più illuminante. Entrambi convocati (a differenza di Samuel, Zanetti e Thiago Motta), entrambi in dubbio (alla fine giocherà uno solo), tutti e due coinvolti dallo stesso destino. Nemmeno 15 giorni fa Pandev si fa male, vien diagnosticato un malanno recuperabile in 20 giorni ed, invece, dopo tre giorni va in campo. Idem per Milito: il sito nerazzurro, ispirato dai medici, scrive di un piccolo stiramento (non meno di una settimana di fermo). Invece, ieri, l’argentino si è tranquillamente allenato (magari era una contrattura) e oggi Benitez deciderà se mandarlo in campo o usare prudenza. Poveretto, anche Rafa non saprà più a cosa credere: miracoli, diagnosi sbagliate o esagerate?
La guarigione degli attaccanti riconduce l’Inter al problema che ha tenuto banco anche ieri: lo sfogo di Chivu, gli sciacquoni di Benitez, la necessità di aggrapparsi a Eto’o. Il tecnico è stato chiaro, non ha gradito lo sfogo, ha concesso paterna assoluzione, ma non vuol più sentire urla. E nemmeno dubbi. «Chivu l’ho sentito in campo, ma da lontano. Ora è tutto a posto: abbiamo chiarito nello spogliatoio. La squadra è unita: dopo il Bari si parlava di grande disciplina, ma c’era il problema di chi tirava i rigori. Sia chiaro: Eto’o non è un problema, ma una soluzione. Può fare la differenza e noi dobbiamo aggiustare la squadra per aiutarlo». Lo dicono anche i numeri: il camerunense ha una media gol (8 partite 8 reti) tre volte migliore rispetto a quella sommata con Mou (16 reti in 48 match).
Il tanto dovrebbe bastare per il Werder che avrà tre assenze importanti, presenterà gli ex Arnautovic e Silvestre, non proprio dei fenomeni, e in campionato non se la cava alla grande (7 punti in 6 sfide). Ma in Europa ha una bella faccia e un buon curriculum con le italiane (ultima la Samp, eliminata). Ma se l’Inter avesse ancora Balotelli... Sarà questo l’altro tormentone della stagione. E Benitez ha fatto intendere che male al cuor gli fa. Panchina corta? «No, la lunghezza (metrica, ndr) non è cambiata. Quando si decide una cessione, si fa prima un’analisi. Poi è meglio non guardare indietro, è inutile. Guardo avanti».
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