nostro inviato a Bergamo
La domenica del trionfo ultrà di Bergamo è cominciata nel sole e nellindifferenza. È cominciata, nel piazzale davanti allo stadio bergamasco, allora dello sbarco dei primi gruppi di tifosi rossoneri ed è finita, 120 minuti più tardi, con lannuncio del rinvio della partita scandito da un boato dei curvaioli, i nuovi padroni degli stadi dItalia. Il cordone di poliziotti, carabinieri e finanzieri in assetto di guerra, 200 agenti in tutto, è finito, come la ruota di unauto tra due ceppi, stritolato tra ultrà rossoneri da una parte e atalantini dallaltra. A quel punto, per liberarsi dalla morsa, han dato vita a delle mini-cariche, appena 15-20 metri, rese efficaci dal lancio di lacrimogeni: i due plotoni di ultrà si sono saldati tra loro e hanno tentato di restituire la carica, facendo volare bottiglie, lattine e intonando il coro «assassini». Bergamo ha vissuto 75 minuti di terrore mentre il resto della città, placida, forse non informata, prendeva posto dentro lo stadio.
Qui la spaccatura è apparsa subito evidente, altrettanto pericolosa. I due eserciti di ultrà hanno scandito i loro slogan, «sospendete la partita», il pubblico con la testa sulle spalle e in tasca il biglietto nominativo e il documento didentità, hanno provato ad opporsi, «scemi, scemi». Ma inutilmente. Atalanta-Milan è durata appena 8 minuti. Il tempo di prendere nota di petardi e fumogeni arrivati nellarea occupata dal portiere di casa Coppola e di puntare telecamere e obiettivi sul tentativo di sfondare la barriera di divisione della curva atalantina. Dieci, venti facinorosi sono usciti dalla curva, hanno divelto un tombino di ghisa e lhanno utilizzato come ariete per infrangere la vetrata. Uno, due, tre colpi ben assestati ed ecco le prime crepe comparire sulla barriera. Sul prato, gli atalantini han dato lallarme, Saccani, larbitro, ha capito e ha fermato il gioco. Cristiano Doni, il più rappresentativo dei suoi, è andato sotto la curva: «Siamo lunico stadio dove non si gioca», ha detto ai capi ultrà. «Non ce ne frega niente - è stata la risposta -. Per Raciti si è fermato il campionato, per il tifoso bisogna fare altrettanto. Se giocate, succede linferno».
Il resto del pubblico ha provato ad opporsi, ha rumoreggiato e protestato. Niente, non ce lhanno fatta. «Dove sono i poliziotti?» han chiesto in tribuna. A quel punto il questore di Bergamo Salvatore Longo li aveva ritirati per evitare altri scontri. «Lo stadio è lo specchio della società di oggi», la chiosa di Nesta. Seguita dalla frase malinconica di Ancelotti: «Purtroppo abbiamo preso atto di quel che ha deciso il questore». Solo Seedorf ha sentito il dovere di spiegare la sua opposizione a uscire con il lutto al braccio. «Non mi hanno spiegato bene il motivo, lho fatto per rispetto anche di altri eventi, per il fratello di Kaladze non abbiamo fatto niente», la denuncia dellolandese. Seguita dalla disperazione di Ruggeri, il presidente dellAtalanta: «Forse era meglio nemmeno cominciare». Disperazione documentata dal comunicato della società con lintenzione di «denunciare e perseguire legalmente i responsabili degli episodi criminosi avvenuti nel corso di Atalanta-Milan». La società studierà «ogni possibile iniziativa anche dura qualora fosse necessaria (chiusura della curva spontanea, ndr) ed esprime solidarietà alle forze dellordine. «Lo stadio di Bergamo non è a norma e andrebbe chiuso», ha detto in serata a Controcampo il segretario regionale del Siulp, il sindacato di polizia.
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