Palermo - L'uno-due arriva di prima mattina. Con Silvio Berlusconi che neanche 24 ore dopo aver definito il ddl sul conflitto d'interessi «quasi un colpo di Stato», affonda un fendente anche sulla proposta di legge Gentiloni, «un provvedimento ammazza Mediaset». Secondo il Cavaliere, infatti, se davvero fosse approvata la nuova regolamentazione del sistema radio-televisivo «farebbe sparire completamente dalla nostra scena tutti gli investimenti stranieri e tutti i fondi di investimento internazionali». D'altra parte, attacca, l'obiettivo «è quello di rovinare le aziende che sono di proprietà del proprio oppositore». E «solo per questo le due sinistre - una moderata e smarrita, l'altra radicale - si mettono d'accordo. Solo per farmi fuori, per eliminarmi». Parole, quelle dell'ex premier, che non nascondono un certo fastidio verso l'atteggiamento della maggioranza. Tanto che ai cronisti che nella hall di Villa Igiea gli fanno notare che a Palermo c'è anche il ministro delle Comunicazioni Gentiloni risponde un po' piccato: «Non me ne può importare di meno». E non è un caso, forse, che nella sue seconda giornata di campagna elettorale in Sicilia Berlusconi usi toni ben più duri del giorno prima. Sulle tasse, sul fisco, sull'immigrazione, ma pure su Chiesa e family-day.
D'altra parte, a qualche settimana dal voto è chiaro che per il leader di Forza Italia il provvedimento sul conflitto d'interessi e il ddl Gentiloni sono due straordinarie armi da usare contro la maggioranza. Nonostante l'ex premier dubiti fortemente che i due disegni di legge possano davvero superare le «forche caudine» del Senato dove i numeri sono risicatissimi. In proposito Schifani è chiarissimo: «Faremo resistenza a oltranza», promette il capogruppo azzurro a Palazzo Madama che ha seguito il Cavaliere nella due giorni siciliana.
Che chiude con un comizio davanti a diecimila persone al Palasport di Palermo in sostegno del sindaco uscente Diego Cammarata. Con tanto di coda polemica. «Credo che se i cittadini non dovessero confermare un governo che ha operato così bene...», dice titubante. «Vabbé - aggiunge - faccio una battuta: dovrebbero essere ricoverati tutti per infermità mentale». Parole che, ammetterà più tardi, «mi pento di aver pronunciato. Ho usato un termine esagerato - spiega - ma stavo scherzando».
Poi gli affondi sul governo, perché «il voto amministrativo sarà un segnale anche a livello nazionale». Sul fisco, visto che «lo strumento tributario è il modo con cui il governo sottrae soldi a quella classe che considera un vero e proprio avversario». E ancora sull'Ici: «Si dividono su tutto. L'unica cosa su cui vanno d'accordo sono i provvedimenti per aumentare le tasse e far fuori il leader dell'opposizione». Sul cosiddetto tesoretto, invece, Berlusconi ha «molte idee su come utilizzarlo. Una parte - spiega - per ridurre l'indebitamento e un'altra per restituire il patrimonio alle famiglie». L'ex premier torna anche sul caso Vaccarella, il giudice della Corte Costituzionale che si è dimesso in polemica con le «pressioni» del governo sulla Consulta. «La sua decisione - dice - ci preoccupa perché la sua presenza contribuiva a rendere meno forte la dominanza della sinistra nella Corte Costituzionale in cui ci sono state nomine da parte di due capi dello Stato appartenenti alla sinistra che hanno messo persone di loro fiducia e della stessa area». Insomma, ora la Consulta «è in mano alla sinistra». Poi, durante il comizio serale, torna sul disegno di legge sull’immigrazione. E punta ancora una volta il dito contro il governo che «ha adottato una politica delle porte aperte che ci riempirà di immigrati con tutte le conseguenze che conoscete anche per quanto riguarda la sicurezza dei cittadini». Insomma, una maggioranza che più che governare «sta sgovernando...». E che «vuole mettere la museruola alla Chiesa. Noi - dice - crediamo nella libertà in tutte le sue forme, non come la sinistra che vuole proibire alla Chiesa di dire chiaramente qual è la sua opinione sui problemi della vita quotidiana».
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