Berlusconi avverte la sinistra: "Sì al dialogo, ma chi vince governa"

Il Cavaliere e Veltroni a confronto a Cernobbio. Il leader del Pdl: "Il Pd annuncia di correre da solo e di essere un partito nuovo. Poi imbarca radicali e Di Pietro e candida il 70% dei ministri uscenti". Silvio sceglie l'ironia e spiazza il suo "clone"

Berlusconi avverte la sinistra: 
"Sì al dialogo, ma chi vince governa"

nostro inviato a Cernobbio (Como)

«Sarà qui alle cinque e mezzo», avevano calcolato due uomini della scorta. E manco a dirlo, proprio a quell’ora, spaccando il minuto, l’elicottero Agusta bianco di Silvio Berlusconi ha toccato terra a Villa d’Este. Un salto in albergo per passare dal «tutto blu» senza cravatta - che aveva indossato in un precedente incontro a Roma, nel quartiere popolare di Corviale - a una tenuta decisamente più formale. Poi, l’ultimo impegno del giorno, ospite alla nona edizione del Forum di Confcommercio che si concluderà oggi a Cernobbio. Il Cavaliere, prendendo la parola, ha anzitutto «sgridato» il padrone di casa, il presidente dell’associazione imprenditoriale Carlo Sangalli, che lo aveva introdotto anticipando sia il significato di quella che lui ha chiamato la sua «equazione benessere», sia le «7 missioni» in essa contenute. «Non so piùche cosa dire perché hai già detto tutto tu. E come non bastasse, sempre qui stamattina c’è stato Walter Veltroni che ha presentato il mio programma», ha scherzato Berlusconi ironizzando sulle notevoli similitudini del documento elettorale del Pd rispetto a quello del Pdl.

Quasi un effetto carta carbone, quasi che chi è al governo elencasse le cose di chi è invece all’opposizione. «L’unica difficoltà che abbiamo è quella di credergli, a Veltroni, perché dietro di lui si nascondono sempre gli stessi: il signor D’Alema, poi c’è Bersani, poi c’è Visco... no Viscono, in verità non sapevano dovemandarlo, forse in Cina ad abbeverarsi alle fonti del maoismo. A parte gli scherzi - ha proseguito l’ex presidente del Consiglio - loro sono ancora intrisi di quello statalismo che si è manifestato in questi due anni di governo e tutto ciò che ha detto Veltroni sino a ora non ha avuto conferma, a partire dalla sua promessa di avere il coraggio di andare da solo, per poi imbarcare i radicali da far convivere chissà come con i teodem e apparentarsi con Di Pietro, cosa che ci preoccupa molto perché dimostra che dietro il nome democratico rimane una forte cultura giustizialista. E questa - ha affermato - è la sua prima promessa disattesa».

Ce n’è stata poi una seconda, «quella di andare al voto separato dalla sinistra comunista, cosa che invece non accadràin tutte le amministrative »; e quindi una terza, «ovvero presentarsi come un partito nuovo, mentre invece tra i suoi candidati, in posizione sicura, c’è il70%dei ministri, viceministri e sottosegretari delgovernouscente». Un’abitudine, quella della sinistra a non mantenere le promesse fatte, che Berlusconi aveva dimostrato del resto anche in mattinatanel disastrato quartiere romano di Corviale, dove «nessuno dei punti del programma del candidato sindaco Rutelli, del ’94, è stato realizzato». E dire che se potessimo credere in loro, ha scherzato ancora Berlusconi, «io sarei il primo a esserne contento: votiamo tutti per Veltroni, io torno a fare le cose che mi piacciono e abbiamo risolto la situazione del Paese...».

E invece no, non è possibile. Perché, ha ricordato Berlusconi, ci aspetta una mole di problemi: dalla crisi Usa «che rende difficilissima la situazione economica» al debito pubblico che ci costa 42,5 miliardi, dai costi dell’energia più cari del 60% rispetto a quelli francesi alle fasce deboli «dimenticate dalla sinistra»; dalla concorrenza dei Paesi emergenti al prelievo fiscale al 46%; dalle grandi opere da far ripartire ai 90 miliardi di euro che ci costa una pubblica amministrazione, perdipiù inefficiente. «Abbattere questa voce - dice sarà la priorità del Pdl». Sono «tutte responsabilità che anche se sono un ottimista vedo arrivarmi addosso con grande angoscia. Ma mi tocca emi appresto a farlo».

Sul risultato finale dice:«Per una volta concordo con Repubblica: avremo 30

senatori in più. Quindi, sì al dialogo. Ma chi vince governa». La campagna sarà prudente, senza nessuna promessa. Ma ora è meglio che finisca qui - ha concluso il Cavaliere - perché penso di avervi spaventato abbastanza».

 

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