«Dopo Berlusconi c’è solo un nome: Fini»

RomaMinistro Ronchi, cosa significa la vittoria nei ballottaggi, in particolare a Mantova?
«È la conferma che ormai il centrodestra ha sconfitto un vecchio modo di pensare secondo il quale certe zone venivano considerate off limits. La vittoria storica di Mantova, ma anche quelle di Pomigliano e in Calabria, dimostrano che il centrosinistra non ha più una proposta politica credibile».
Ci saranno ancor più difficoltà nei rapporti con il Pd?
«Hanno subito una delle sconfitte più cocenti della loro storia. Con l’antiberlusconismo non si governa: ora l’auspicio è che si apra la via della responsabilità. Come governo abbiamo diritto-dovere di chiedere il confronto alle opposizioni perché fare le riforme a maggioranza è un errore. Sedersi attorno a un tavolo serve anche al Pd per fare politica perché, a forza di antiberlusconismo, sono ridotti al lumicino».
Ancora una volta l’Udc si è dimostrato ininfluente.
«Stimo Casini e Cesa e legittimamente hanno fatto la loro scelta. Ma in Piemonte e a Mantova l’Udc è andata contro la sua storia e i suoi principi per appoggiare Bresso e Brioni. Ciò significa che ha fatto scelte miopi per interessi clientelari. La sconfitta dimostra che l’Udc esiste quando si allea col centrodestra, per questo non condivido la posizione di chi, nel Pdl, si è messo a corrergli dietro».
Non bisognerebbe perder tempo?
«Le riflessioni amare di Buttiglione fanno capire che ci stanno pensando anche loro. L’ho già detto nelle sedi opportune che l’Udc è funzionale in un quadro di centrodestra. Come Pdl dobbiamo dare messaggio di coerenza e di chiarezza».
Qual è il punto di partenza delle riforme: bozza Violante o bozza Calderoli?
«Comunque ne discuterà il Parlamento perché devono essere fatte nel modo più condiviso possibile, recependo l’alto monito del presidente della Repubblica. Poi ognuno si prenderà la propria responsabilità. Fondamentali sono il bipolarismo, l’alternanza, la possibilità per il cittadino di scegliere nelle urne e il rafforzamento del Parlamento».
Il «sistema tutto italiano» teorizzato dal presidente della Camera?
«Fini e Berlusconi insieme potranno studiare una via italiana, un percorso più costruttivo rispetto alle polemiche sulle formule. Federalismo e presidenzialismo devono essere il cardine di un processo costituente. Ci sono le condizioni per creare un modello che funzioni e un governo forte e autorevole».
Il presidenzialismo col «porcellum» è sudamericano?
«Bisogna ragionare. Fini è orientato a far funzionare il sistema Italia».
Le dichiarazioni della terza carica dello Stato non sempre sono di facile interpretazione.
«Lealtà e onestà intellettuale sono il dato caratteriale fondamentale di Gianfranco Fini. È chiaro che sul tema delle riforme pone questioni che arricchiscono il dibattito, senza alcuna dietrologia. Il Pdl è un partito che stravince in tutta Italia e ha come dovere quello di immaginare e programmare il futuro riflettendo su sicurezza, integrazione, lavoro, Sud».
Berlusconi è spesso stato sotto attacco negli ultimi mesi. Forse qualche dissonanza si sarebbe potuta evitare.
«Non c’è mai stato un attacco, un gesto che non sia stato di lealtà nei confronti di Berlusconi. Questo non vieta di evidenziare sensibilità e analisi diverse. David Cameron è forse di sinistra? Fini è contro l’aborto, con Bossi ha realizzato una legge modello per regolare l’immigrazione e una legge contro tutte le droghe, nella Convenzione Europea è stato l’unico a fare un richiamo alle radici giudaico-cristiane».
Da ambienti politici vicini a Fini non sempre sono venuti segnali di distensione.
«Non dobbiamo farci confondere dalle baruffe. Fini mette i paletti sulla necessità che si tenga conto della funzione parlamentare, sulle riforme condivise, sul rafforzamento delle Camere. Poi ci si siede attorno a un tavolo e si discute. Non pensarla sempre come Berlusconi non significa essere considerati eretici o alla stregua di chi vuole remare contro».
Questi paletti non saranno un po’ troppi?
«Non sono affatto paletti ma contributi alla crescita. Laudatores e detractores ci giocano sopra. Ma il presidente della Camera lo fa per costruire e non per destrutturare».
È favorevole come Bocchino a un premier gay?
«Essendo un fautore dei diritti della persona non c’è nessun problema.

Naturalmente questo non vuol dire che sia favorevole ai matrimoni o alle adozioni per gli omosessuali».
E a un premier leghista?
«Penso che per il dopo-Berlusconi c’è solo un personaggio che può davvero rappresentare la sintesi del centrodestra e quel personaggio è Gianfranco Fini».

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